Federalismo fiscale a rischio con la manovra

 Con la manovra triennale di correzione dei conti pubblici varata per Decreto dall’attuale Governo di centrodestra, rischia di far “chiudere” i Comuni. E’ questa, in estrema sintesi, la posizione dura di molti Sindaci di Comuni italiani a seguito dei contenuti di una manovra che, tra l’altro, a detta di molti rischia di far “saltare” anche il federalismo fiscale. “Le mosse del governo ci impediscono letteralmente di vivere“, ha dichiarato in data odierna, mercoledì 6 luglio del 2011, Alessandro Cosimi, sindaco di Livorno, nonché coordinatore delle Anci regionali. Per il primo cittadino di Livorno, non a caso, la manovra triennale di correzione dei conti pubblici, oltre ad avere l’effetto di deprimere la crescita del nostro Paese, “mette una pietra tombale sul federalismo“.

Addizionali comunali: sorprese sgradite in busta paga

 Con le prime leggi del federalismo fiscale regionale, si iniziano a fare già i primi prelievi, sotto forma di tasse aggiuntive, dalle tasche dei consumatori, come se tutti gli aumenti che già ci sono non bastassero! Sono questi infatti i primi effetti “nefasti” della riforma in senso federalista e, in particolare dell’autonomia di Province e Regioni a livello impositivo. Secondo quanto riportato dall’Associazione Altroconsumo, già nelle prossime settimane i lavoratori, proprio “grazie” al federalismo fiscale, potrebbero trovare sgradite sorprese in busta paga a causa dell’aumento delle addizionali, così come brutte notizie arrivano per l’Rc auto, sempre più cara a causa dei ripetuti rincari alle tariffe applicate dalle compagnie di assicurazione, ma lo stesso dicasi ora anche dal fronte della tassazione visto che l’imposta sull’assicurazione di responsabilità civile per l’auto potrà essere innalzata fino ad altri 3,5 punti percentuali.

Fisco e federalismo: il punto sulla spesa regionale

 Il federalismo fiscale in Italia, nel momento in cui entrerà a regime, dovrebbe garantire un maggior contenimento della spesa a livello locale; questo perché i Comuni, le Province e le Regioni dovranno essere decisamente meno spendaccione nel gestire le risorse visto che non si potrà più far leva, così come accade sinora, sui trasferimenti da parte dello Stato centrale. Ma come si sono comportate in tal senso le Regioni italiane negli ultimi dieci anni? Ebbene, la risposta in merito ce la fornisce la CGIA di Mestre che ha realizzato un Rapporto sull’andamento della spesa regionale negli anni che vanno dal 2000 al 2009. In questo arco di tempo, pari a ben dieci anni, la media di spesa delle Regioni è aumentata di ben il 75%, che diventa addirittura l’89% considerando solo le realtà regionali a statuto speciale.

Federalismo fiscale a costo zero per l’Erario

 Gli effetti del federalismo fiscale, ed in particolare del federalismo regionale, unitamente a quello cosiddetto municipale, in quanto riguarda i Comuni, saranno a costo zero per le casse dello Stato centrale. Questo perché a fronte delle tasse e delle imposte che resteranno sul territorio lo Stato italiano effettuerà tagli ai trasferimenti per gli stessi importi. Quindi, per l’Erario il federalismo fiscale è senza costi così come stabilito dal legislatore con la cosiddetta Legge delega; pur tuttavia, in questo valzer di somme devolute, e di trasferimenti tagliati, ci saranno, almeno all’inizio Regioni che ci perderanno ed altre che ci guadagneranno. Quali sono queste Regioni? Ebbene, al riguardo la CGIA di Mestre, attraverso il proprio Ufficio Studi, ha effettuato una simulazione/proiezione rilevando come allo stato attuale a guadagnarci saranno Regioni come la Lombardia, il Veneto e l’Emilia-Romagna. Questo perché con la nuova “regola” che le tasse resteranno sul territorio proprio le Regioni del Nord sono quelle destinate ad avere più soldi in tasca, mentre al Sud invece resteranno sul territorio meno risorse.

Italia lontana dal federalismo: 80% tasse va allo Stato

 Il federalismo fiscale permette di instaurare una proporzionalità diretta fra le imposte riscosse in una determinata area territoriale del paese (ad esempio le regioni e i comuni) e le imposte effettivamente utilizzate dall’area stessa attraverso per esempio, l’erogazione di servizi. Tale sistema, di cui si discute in Italia ormai da tempo non é stato ancora attuato, nel nostro Paese infatti, circa l’80% delle tasse versate annualmente dai cittadini finiscono nelle casse dello Stato. Sono i dati rilevati dal “Centro Studi Sintesi” di Venezia per verificare il grado di decentramento fiscale nei principali Paesi europei. Lo studio ha focalizzato l’obiettivo su due Paesi federali (Germania e Spagna) e due non federali (Francia e Italia). In Italia è emerso che il 79,1% delle entrate tributarie si riferisce alle amministrazioni centrali, mentre il rimanente 20,9% è costituito dai tributi che sono propri di Regioni ed enti locali: Irap, Ici, addizionale Irpef, tassa automobilistica, tassa asporto rifiuti.

I Lombardi sono disposti a pagare più tasse

 Ebbene sì, mentre sindaci ed enti governativi passano le giornate a cervellarsi per trovare un metodo che consenta di far quadrare conti e bilanci senza toccare i portafogli dei cittadini, arriva la risposta di un sondaggio di Ipsos: il 56% è disponibile a nuovi sacrifici per mantenere l’offerta dei Comuni. Secondo il sondaggio condotto da Ipsos per conto di Anci Lombardia, i cittadini sarebbero disposti a pagare anche più tasse pur di avere i servizi garantiti. Poco più della metà dei lombardi, il 56%, dichiara che preferirebbe pagare tariffe più alte e vedere però che il livello dei servizi aumenta piuttosto che vedersi tagliare i servizi essenziali offerti dalla loro città: come il trasporto pubblico, l’assistenza sociale, gli asili nido o la pulizia delle strade.

Corruzione e tasse alte sono il problema italiano

 L’allarme corruzione è purtroppo una costante che accompagna la storia d’Italia ed è riconducibile a diverse fattispecie criminose, disciplinate nel Codice Penale contro la pubblica amministrazione. La corruzione é una patologia che nel 2009 ha fatto registrare un aumento di denunce alla Guardia di finanza del 229% rispetto all’anno precedente, nonché un incremento del 153% per fatti di concussione. La corruzione non investe solo le istituzioni, ma tutta la società.

Gli episodi di corruzione e dissipazione delle risorse pubbliche, talvolta di provenienza comunitaria, preoccupano i cittadini ma anche le istituzioni il cui prestigio e affidabilità sono messi a dura prova da condotte individuali riprovevoli – sottolinea il nuovo presidente della Corte dei Conti, Luigi Giampaolino – c’è il rischio che possano improvvisarsi stravaganti professionisti.

Meno tasse: a ottobre proposta di riforma Bersani

 Chi ha partecipato ha ascoltato l’Inno di Mameli cantato da Pier Luigi Bersani e dai dirigenti, preceduto da Canzone popolare di Ivano Fossati: questo il coro che ha aperto in Piazza Castello a Torino il comizio finale della Festa Democratica. Il Pd sta mettendo a punto una proposta per una riforma fiscale, ha annunciato Pierluigi Bersani, i cui punti principali consisteranno in un alleggerimento del carico fiscale per il lavoro e le imprese mentre ci sara’ maggior carico per i redditi derivanti da patrimonio e finanza e una lotta all’evasione fiscale.

Stiamo preparando un nostro progetto di riforma fiscale e lo presenteremo a ottobre – ha sottolineato il segretario del Partito democratico -. L’idea di alleggerire il carico su imprese, lavoratori e famiglie, sui redditi medio bassi e caricarlo sull’evasione fiscale. Caricare veramente sull’evasione fiscale – ha proseguito – significa arrivare in cinque sei anni da una Maastrich europea di fedelta’ fiscale.

Centralismo fiscale: risultati CGIA Mestre

 Nella nostra penisola, su 100 euro di entrate tributarie ben 77,5 vanno all’Amministrazione centrale e solo 22,5 agli Enti locali. Su 457,4 miliardi di euro di entrate tributarie totali, 354,6 vanno all’erario italiano e 102,7 miliardi a Regioni, Province e Comuni. Sono i risultati emersi dall’elaborazione effettuata dall’Ufficio studi della CGIA di Mestre riferiti al 2008 (ultimo anno disponibile per poter eseguire un confronto omogeneo tra i principali paesi Ue).
I dati sono commentati dal segretario della CGIA, Giuseppe Bortolussi, che ha messo a raffronto le entrate statali e quelle locali di Italia, Francia, Spagna e Germania.

La cosa che ci preoccupa di più – afferma Bortolussi – è che dalla lettura di questi dati emerge una forte correlazione tra il livello di centralismo e la pressione tributaria. Vale a dire che la quantità di imposte, tasse e tributi che i contribuenti versano in percentuale del Pil è direttamente proporzionale al grado di centralismo fiscale.

Le tasse crescono ma meno del passato

 Le tasse locali pesano meno sugli stipendi degli italiani. Per essere precisi: le tasse aumentano, ma meno che negli ultimi anni. Le entrate fiscali degli enti locali infatti, sono aumentate del 31%, passando dai 77,9 miliardi euro registrati nel 1998 ai 104,1 miliardi del 2008. Lo rileva uno studio della Cgia di Mestre:

Si tratta di una crescita significativa, ma comunque molto più contenuta di quanto avveniva negli anni scorsi quando l’aumento, rispetto al decennio precedente, toccava punte superiori al 100%.

L’aumento delle imposte locali – afferma il segretario della Cgia, Giuseppe Bertolussi – é frenato dalla stabilizzazione degli importi richiesti dagli enti locali ai loro cittadini e dall’abolizione dell’Ici sulla prima casa avvenuta lo scorso anno.