Italia lontana dal federalismo: 80% tasse va allo Stato

 Il federalismo fiscale permette di instaurare una proporzionalità diretta fra le imposte riscosse in una determinata area territoriale del paese (ad esempio le regioni e i comuni) e le imposte effettivamente utilizzate dall’area stessa attraverso per esempio, l’erogazione di servizi. Tale sistema, di cui si discute in Italia ormai da tempo non é stato ancora attuato, nel nostro Paese infatti, circa l’80% delle tasse versate annualmente dai cittadini finiscono nelle casse dello Stato. Sono i dati rilevati dal “Centro Studi Sintesi” di Venezia per verificare il grado di decentramento fiscale nei principali Paesi europei. Lo studio ha focalizzato l’obiettivo su due Paesi federali (Germania e Spagna) e due non federali (Francia e Italia). In Italia è emerso che il 79,1% delle entrate tributarie si riferisce alle amministrazioni centrali, mentre il rimanente 20,9% è costituito dai tributi che sono propri di Regioni ed enti locali: Irap, Ici, addizionale Irpef, tassa automobilistica, tassa asporto rifiuti.

Ires: gettito dello Stato in forte calo nel 2009

 Lo scorso anno, rispetto al 2008, il gettito dello Stato, relativamente alla sola Ires, l’imposta sul reddito delle società, è sceso del 23,1% a fronte di un calo del gettito da imposta regionale sulle attività produttive (Irap) del 13% e dell’imposta sul valore aggiunto (Iva) del 6,7%. Sono questi alcuni dei dati resi noti dall’Istat nel Rapporto “Conti ed aggregati economici delle Amministrazioni pubbliche“, da cui è altresì emerso che la pressione fiscale complessiva, in rapporto al prodotto interno lordo, è cresciuta nel 2009 passando dal 42,9% del 2008 al 43,2% del 2009. In particolare, l’aumento della pressione fiscale si spiega anche con la caduta del Pil che è stata superiore a quella del gettito fiscale che, in particolare, ha fatto registrare un forte aumento per quel che riguarda le imposte di natura straordinaria tra cui lo scudo fiscale ed i versamenti una tantum di imposta a carico di alcuni settori della nostra economia, ed in particolar modo il comparto bancario.

Lo Stato tarda nel rimborsare le tasse

 In Italia non esiste solo l’evasione, ma ci sono tanti onesti cittadini che pagano le tasse e a volte pagano anche più del dovuto e attendono, con ansia, il rimborso da parte dello Stato. Ma molti attendono invano, o comunque, tempi biblici. Nuovo record europeo negativo per il fisco italiano che a febbraio ha raggiunto la cifra di 30,4 miliardi di euro da rimborsare agli oltre 12,6 milioni di contribuenti – secondo i dati da Contribuenti.it, Associazione Contribuenti Italiani -.

Un’Italia debitrice nei confronti dei cittadini quindi ma che aspetta per rimborsare quanto dovuto. Pare infatti che per ottenere un rimborso Irpef i contribuenti italiani debbano aspettare dai 13 ai 27 anni. E siamo veramente messi male, direbbe qualcuno.  In Turchia l’attesa è di soli 4 anni, negli Stati Uniti sono sufficienti appena 2 mesi per un rimborso totale.

Aumenta lo stipendio, ma anche le tasse

 Le nostre tasche sono diventate più leggere o, nel migliore dei casi, di ugual peso rispetto al passato. I salari dei dipendenti italiani infatti, dal 1993 sino a oggi hanno fatto registrare una crescita che è pari allo zero. Possibile che non ci sia stato un aumento in quindici anni? Il motivo risiede nella forte pressione fiscale. L’elaborazione è stata effettuata dall’Ires, il centro studi della Cgil, che ha lavorato con un pool di economisti. Durante questi anni i lavoratori dipendenti hanno lasciato nelle casse del fisco 6.738 euro cumulati. Nel totale, perciò, lo Stato ha riscosso ben dodici miliardi di euro reperiti con l’aumento della pressione fiscale.