L’Italia sale sul podio ma non per qualcosa che renderà felici gli italiani. Il Belpaese risulta al primo posto nell’Unione europea per le tasse sulle imprese, rivela lo studio ‘Paying Taxes 2011‘, realizzato dalla Banca mondiale in collaborazione con la PricewoterhouseCooper. Il carico fiscale sulle imprese in Italia e’ al 68,6% del complesso delle tasse nazionali e locali e dei contributi sociali, seguono Francia con il 65,8% della Francia, Spagna con il 56,5%, il 48,2% della Germania e il 21,1% del Lussemburgo. Il rapporto inoltre mette in evidenza che durante le fasi di crisi e di economia debole (l’indagine considera le imposte pagate nel 2009) il costo del fisco per le imprese aumenta, in quanto il carico fiscale non diminuisce e gli utili si contraggono. In pratica le imprese italiane devono pagare la stessa percentuale di tasse nonostante la crisi.
Nello studio – sottolinea Fabrizio Acerbis, partner Pwc – si afferma che mentre negli ultimi anni un numero abbastanza elevato di paesi ha cercato di ridurre le propri imposte dirette, certamente negli anni che verranno sarà sempre più difficile utilizzare la leva fiscale, anche per considerazioni di ordine macroeconomico.
Per evitare il rischio di minore crescita del Paesee minore occupazione occorre rivedere il meccanismo fiscale perché in Italia c’è una tassazione altissima sulle imprese e sui lavoratori – sottolinea il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia commentando i dati della Banca Mondiale- . Qui c’è un problema vero: dobbiamo fare una riforma fiscale che scarichi un po’ il peso delle tasse da chi sta sul fronte, cioè lavoratori e imprese, attraverso la lotta all’evasione fiscale, attraverso un’attenzione sui consumi. Bisogna rivedere il meccanismo fiscale. Il risultato deve essere quello di abbassare la tassazione sui lavoratori e sulle imprese, se non facciamo questo il rischio è che in termini di competitività saremo bassi, quindi minore competitività vuol dire minore crescita e minore occupazione.
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