Il decreto attuativo del bonus fiscale rientro dei cervelli in Italia per la piena operatività della detassazione dei redditi corrisposti ai lavoratori pronti a rientrare in Italia (al fine di avviare una nuova attività in proprio o lavorare come dipendenti) potrebbe essere presto una realtà. L’espressione “fuga dei cervelli” (in inglese brain drain) indica l’emigrazione verso paesi stranieri di persone che hanno conseguito titoli accademici o che comunque rappresentano dei veri talenti in determinati ambiti. Oggi molti giovani neolaureati e neodottorati vadano a lavorare in università e centri di ricerca di altre nazioni, anche perchè gli stipendi sono più alti e spesso meno tassati.
Il testo del Dm, è ora all’esame della Ragioneria generale dello Stato per la bollinatura finale. Secondo quanto sancito, la detassazione spetta ai nati dopo il 1° gennaio 1969 che vengono assunti o avviano un’attività economica in Italia trasferendo il proprio domicilio, e trasferiscono la propria residenza entro 3 mesi dall’assunzione o dall’avvio dell’attività. Tali soggetti alla data del 20 gennaio 2009, dovevano essere in possesso di un titolo accademico, essere stati per almeno due anni in Italia e aver svolto un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o d’impresa all’estero.
Si stima che 60 mila giovani lascino l’Italia ogni anno, e il 70% di loro sono persone laureate Ancora: negli ultimi vent’anni, i nostri “cervelli” all’estero hanno prodotto brevetti per un valore di 4 miliardi di euro, somma che quindi ha perso l’Italia. Sembra però che i cervelli in fuga, non ne vogliano sapere di tornare a casa: più di metà dei laureati italiani che vivono e lavorano con successo all’estero non considerano come probabilità quella di rientrare. Con il trascorrere del tempo, infatti, l’ipotesi di un rientro diventa sempre più lontana al punto che a 5 anni dalla laurea sono 52 su 100 i laureati occupati all’estero che considerano questa possibilità “molto improbabile”. Basterà questa legge a far cambiare idea?
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