Manovra finanziaria 2011: l’Iva nel mirino

Dopo l’approvazione della nuova manovra finanziaria, da ben 45 miliardi di euro, tra i partiti di centrodestra, ed in particolare all’interno del Pdl, sono spuntati i “ribelli”. Trattasi, nello specifico, di parlamentari pronti a ritirare l’appoggio favorevole alla manovra finanziaria nel caso in cui non vengano effettuate, in sede di discussione del Decreto, delle opportune modifiche. Tra le possibili modifiche c’è quella relativa all’eventuale aumento dell’imposta sul valore aggiunto (Iva). Trattasi, tra l’altro, di una misura caldeggiata da Confindustria; ma cosa succederebbe con l‘aumento dell’Iva? Ebbene, il rischio reale in tal caso sarebbe quello di un aumento dell’inflazione anche per effetto di eventuali “arrotondamenti” speculativi che farebbero aumentare ancor di più i beni di prima necessità, a partire dai generi alimentari. E non a caso, su una misura del genere sindacati come la Cgil sono fermamente contrari.

La Confindustria, invece, ritiene che con l’aumento dell’Iva si andrebbero a “raccogliere” risorse strutturali che si potrebbero investire per il sostegno al lavoro, ed in particolare per l’occupazione giovanile. Siamo in un Paese, lo ricordiamo, dove la disoccupazione giovanile è al 30% ed effettivamente, e necessariamente, bisogna fare qualcosa al più presto.

Sulla manovra finanziaria s’è espressa anche la Uil che, con un documento della Segreteria Nazionale, ha da un lato apprezzato le misure legate al taglio dei costi della politica, a partire dall’abolizione di numerose Province, ma dall’altro ha criticato alcune misure, tra le quali quella legata al differimento del Tfr di due anni, ma anche e soprattutto al taglio delle tredicesime per i dipendenti di Amministrazioni pubbliche inefficienti. Secondo la Uil, in particolare, a pagare per le PA che non tengono le spese sotto controllo devono essere i dirigenti e non i lavoratori. Adesso c’è grande attesa per capire quali provvedimenti in Parlamento saranno confermati, e quali invece “salteranno” a parità di saldi.