Il datore di lavoro può interrompere il rapporto lavorativo sia nel caso di contratto a tempo determinato che indeterminato, devono però sussistere alcuni elementi. Nei casi di licenziamento per giusta causa il preavviso non è dovuto. È necessaria l’osservanza di alcuni requisiti tipici di tale forma di risoluzione: innanzitutto occorre motivare il recesso per iscritto, il fatto che costituisce la giusta causa deve essere così grave da non consentire, anche provvisoriamente, la prosecuzione del rapporto; la causa di interruzione del rapporto di lavoro non può essere successivamente modificata e sostituita con un’altra; infine il datore di lavoro ha l’onere di provare la sussistenza della giusta causa.
Ma non solo il datore di lavoro può licenziare per giusta causa, anche il lavoratore può dare le dimissioni per giusta causa, per mancato pagamento della retribuzione, molestie sessuali sul posto di lavoro, peggioramento delle mansioni lavorative, trasferimento del lavoratore da una sede all’altra senza che sussistano ragioni tecniche, organizzative e produttive o altri cambiamenti delle condizioni di lavoro, ingiurie da parte di un superiore, o mobbing.
Proprio il mobbing é una delle cause più frequenti di abbandono del posto di lavoro. Il mobbing è un insieme di comportamenti violenti (abusi psicologici, angherie, vessazioni, insulti o comunque comportamenti volti a sminuire un collega) perpetrati da parte di uno o più individui nei confronti di un altro individuo, comportamenti che si protraggono nel tempo e che possono essere lesivi della serenità altrui. I singoli atteggiamenti molesti (detti anche emulativi) non raggiungono necessariamente la soglia del reato, lo diventano però se sono perpetrati nel tempo e hanno proprio lo scopo di portare il dipendente al licenziamento. Comportamenti che nell’insieme producono danneggiamenti plurioffensivi anche gravi con conseguenze sul patrimonio della vittima, la sua salute psicologica, la sua esistenza, i rapporti con gli altri colleghi ed anche nella sfera personale.