Dopo la reintroduzione dell’ICI sulla prima casa, la tanto discussa tassa sugli immobili, che dal prossimo anno si chiamerà IMU, il governo sta studiando una vera e propria riforma del catasto che dovrebbe collegare i valori fiscali degli immobili a quelli di mercato.
L’obiettivo ambizioso che l’esecutivo si pone è quello di rendere la nuova imposta “equa”, o se non altro il meno doloroso possibile per i contribuenti, soprattutto per coloro i quali possiedono un immobile non “di pregio” e magari anche in periferia.
Monti ha già promesso che l’operazione non sarà un’altra stangata per gli italiani, ma che la tassazione degli immobili rappresenti una voce importante per il pareggio di bilancio è fin troppo evidente, anche perché in Italia sono circa 33 milioni gli immobili destinati ad abitazione principale.
Il primo passo dovrebbe essere una rielaborazione dei criteri di classificazione degli immobili, passando ad esempio dalla valutazione dei vani a quella dei metri quadri effettivi, ed eliminando le attuali classificazioni introducendone di nuove (per evitare ad esempio le storture attuali che vedono immobili nei centri storici delle città classificati come edilizia popolare,cat.A4, mentre appartamentini in dormitori periferici risultano civili abitazioni, cat.A2). Questa operazione dovrebbe consentire una adeguata rimodulazione delle aliquote in base agli usi stessi degli immobili.
E’ infatti evidente l’enorme differenza tra il valore di mercato delle case che arriva a quasi 4 volte quello catastale, come è quasi scandalosa la differenza tra il valore delle rendite catastali degli immobili con i canoni d’affitto che spesso e volentieri arrivano a superare anche di 6 volte tale valore.
Ma dal governo arrivano rassicurazioni agli italiani sul fatto che un adeguamento della base imponibile, sarà accompagnato da una riduzione delle aliquote senza costi aggiuntivi per i cittadini, che potranno invece godere di forti agevolazioni. Infatti partendo dalla base imponibile l’aliquota di base è fissata al 7,6 per mille, che si riduce al 4 per mille per le abitazioni principali (ma su questa base i comuni hanno la facoltà d’intervenire con degli aggiustamenti). Sono inoltre previsti degli sgravi per le famiglie con figli con un “bonus” di 50 euro per ciascun figlio di età inferiore ai 26 anni che risiede anagraficamente nell’abitazione principale dei genitori. Una buona notizia infine: dal 2012 diventa “strutturale” la detrazione del 36% per le ristrutturazioni edilizie.
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