La lista grigia dei paradisi fiscali continua ad assottigliarsi sempre più: l’ultimo accordo siglato tra l’Olanda e le Isole Bermuda consentirà alla colonia britannica di dire addio ai lidi offshore. L’intento delle Bermuda è chiaro, in quanto risponde alla necessità di entrare a far parte del novero degli stati fiscalmente corretti e conformi agli standard dettati in proposito dall’Ocse. La lista grigia rappresenta l’elenco delle trentuno giurisdizioni che ancora non avevano messo a punto le disposizioni fiscali dettate proprio dall’Organizzazione. Non si tratta dell’unico passo in avanti verso una fiscalità più virtuosa, perché ancora prima delle Bermuda, altri famosi regni dell’offshore, come ad esempio le Isole Vergini e il Guernesey, si erano accordati per ottenere il nuovo status di “paese virtuoso in materia di Fisco”. Per raggiungere questo obiettivo è necessario stipulare dodici trattati bilaterali. Non è stato facile raggiungere un risultato così prestigioso per quel che riguarda le Bermuda.
Questa piccola colonia (la superficie non supera i 50 metri quadrati), infatti, fino allo scorso aprile era riuscita a porre in essere solamente tre intese fiscali, ma l’operato congiunto di Gran Bretagna, Stati Uniti e Australia ha poi portato alla stesura dei restanti patti di amicizia fiscale. Il 16 aprile si è assistito a una vera e propria maratona fiscale con la stipula di ben otto accordi (le trattative hanno coinvolto paesi come la Svezia, Finlandia, Danimarca, Islanda e Groenlandia). In cosa consistono questi accordi? È stato deciso lo scambio di informazioni nei settori economico e finanziario, al fine di arrivare un accertamento e a una riscossione delle imposte più accurati.
L’ultimo protocollo, come detto, è stato stilato con i Paesi Bassi e prevede l’avvio da parte delle Bermuda di un flusso informativo su tutte le imposte dirette che sono in vigore tra i suoi confini; l’Olanda dovrà invece provvedere alla verifica del corretto accertamento delle imposte sui redditi e sui salari, quelle sulle società e dividendi, l’imposta sulle successioni e, infine, le donazioni e l’Iva.