Una “tassa pallottola“, ecco cosa hanno pensato le autorità iraniane. E’ stata chiesta ai genitori di Kaveh Alipour, un diciannovenne ucciso nelle proteste di Teheran. Si tratta di una vera e propria tassa che ammonterebbe a tremila dollari, per i quali le autorità consegnerebbero il cadavere del figlio. Nello specifico il denaro serve per ripagare i proiettili usati per uccidere il ragazzo.
Una logica terribile quella adottata in Iran. Kaveh stava tornando a casa dopo il corso di recitazione, probabilmente quindi non era neanche sua intenzione prendere parte alla sommossa, quando è finito in mezzo alla rivolta dei manifestanti ed é stato colpito dalle forze della sicurezza.
A poco sembrava servissero le richieste del padre all’obitorio perchè gli rilasciassero il figlio. Ma alla fine i miliziani hanno consegnato il cadavere del ragazzo visto che il padre, affermando di non possedere quella somma, implorava clemenza. Unica imposizione: il funerale non sia celebrato a Teheran. Kaveh (che tra una settimana si sarebbe sposato) é stato seppellito di nascosto a Rasht, il luogo di origine della famiglia. Ecco spiegato il vero motivo dell’imposta: il timore delle autorità che il ragazzo fosse seppellito nella capitale e che la rivolta potesse degenerare ancor di più con una vittima innocente.
Sono intervenute le Nazioni Unite: Ban Ki-moon, segretario generale, ha sollecitato le autorità iraniane a mettere subito fine alle carcerazioni, alle intimidazioni e all’uso della violenza. Il segretario generale dell’Onu non può fare a meno di esprimere il turbamento per la violenza che si protrae in Iran e ha chiesto nuovamente che si osservino i diritti civili e politici: le loro controversie possono essere risolte solo con il dialogo e nel rispetto dei diritti umani.
Intanto l’Italia, attraverso l’ambasciata a Teheran, è disponibile a dare assistenza ai manifestanti iraniani feriti ma serve una decisione politica europea, come sottolinea il capo del servizio stampa della Farnesina, Maurizio Massari:
Se ci sarà un coordinamento per dare una disponibilità a livello di ambasciate europee a Teheran, noi non ci sottrarremo a questo tipo di disponibilità. I feriti, però, poi andranno curati negli ospedali. Per il momento, non e’ arrivata nessuna richiesta di aprire le porte della nostra ambasciata a Teheran per dare assistenza ai feriti.