Quali sono stati i lavori più interessanti sulla cosiddetta “corporation tax”? Quest’ultima non è altro che l’imposta che grava sugli utili delle società di capitali, vale a dire società per azioni (Spa), società a responsabilità limitata (Srl) e società in accomandita per azioni (Sapa). Non sono state molte le ricerche sull’incidenza del tributo in questione. Per la precisione, nel 1963 Musgrave e Krzyzaniak giunsero alla conclusione che tale tassa viene traslata attraverso l’aggiustamento dei prezzi da parte di quelle compagnie che sono colpite, una soluzione molto più gettonata rispetto al trasferimento dei capitali che sono investiti verso altri settori.
Piuttosto interessante, poi, è stato un lavoro del 1978, il quale si è concentrato sugli atteggiamenti più comuni delle aziende britanniche, suddivise in diverse categorie, come ad esempio quelle neoclassiche, quelle manageriali e quelle “satisficing”. Questi ultimi dati hanno riguardato il periodo compreso tra il 1955 e il 1973, dunque si tratta di una ricerca interessante, ma che è limitata a questo periodo temporale. Di solito, poi, si giungeva alla conclusione che la tassazione degli utili di impresa non poteva traslarsi sui prezzi di vendita dei prodotti quando si presentavano condizioni di mercato di concorrenza, di monopolio e anche situazioni intermedie. Ma tali risultati sono stati contestati in maniera decisa.
In particolare, si è capito che l’utile imponibile dell’impresa colpita non è in nessun caso simile al profitto puro, visto che va a includere l’interesse sul capitale che è stato investito dal proprietario, oltre alla remunerazione che spetta all’imprenditore. In aggiunta, la corporation tax può essere accomunata a una tassa speciale che grava sui prodotti di determinate industrie, lasciando in pace altri settori. Questo vuol dire che la traslazione di imposta viene a realizzarsi soprattutto in archi temporali molto ampi, così come anche in quelli più brevi, uno scenario tipico quando si ha a che fare con una economia sviluppata.