Un emendamento emesso dal Governo italiano richiederebbe alla Chiesa cattolica di pagare le tasse su tutte le sue proprietà.
La Chiesa cattolica paga attualmente le aliquote normali su tutte le sue proprietà commerciali in Italia. Tuttavia, l’emendamento avrebbe richiesto che vengano tassati anche i suoi immobili non commerciali come chiese, conventi e istituzioni caritative.
Nonostante la modifica sia stata annullata dalla Corte Costituzionale, la questione è ancora aperta, con il governo italiano e funzionari dell’UE che lavorano a stretto contatto nel quadro giuridico interno dell’Unione europea per superare l’autorità della Corte.
La Chiesa cattolica possiede attualmente circa il 20 per cento delle proprietà in Italia, per un valore stimato di circa 9 miliardi di euro. Questo include i porti di spedizione, immobili in affitto, alberghi, arene sportive e le altre imprese commerciali.
La proposta di introdurre la tassazione sulle proprietà commerciali è partita dalla autorità antitrust dell’Unione Europea nella persona di Maurizio Turco, rappresentante del Partito Radicale e fortemente laicista.
In quanto istituzione fondata prima della caduta dell’Impero Romano, la Chiesa cattolica afferma i suoi diritti di proprietà, che in alcuni casi precedono la creazione dello Stato italiano da più di 1800 anni e dell’Unione europea da quasi 2000 anni. Molte delle città e paesi italiani sono stati originariamente costruiti o ri-costruiti intorno a strutture pre esistenti della Chiesa cattolica.
La decisione dovrebbe costare alla Chiesa cattolica, la cui ricchezza risiede principalmente in beni immobili, dai 500 a 2 miliardi di euro all’anno. Solo a Roma, le entrate fiscali dovrebbero essere di circa 25,5 milioni di euro l’anno.