Importante novità per la Chiesa cattolica italiana: il Consiglio di Stato ha stabilito le regole secondo le quali anche il Vaticano dovrà pagare la tassa Imu in merito agli immobili degli enti no-profit e i beni immobili a carattere commerciale. Nessuna esenzione invece per gli immobili della Chiesa che costituiscono attività commerciali.
Il Consiglio di Stato ha espresso comunque molti dubbi sul provvedimento soprattutto nei tre punti fondamentali delle attività miste degli enti no profit (scuole ed alberghi, sanità) comprese quelle della Chiesa.
Dopo la prima bocciatura del 27 settembre scorso, il Governo ha studiato un regolamento inserito nel decreto legge n. 174 del 2012 in riferimento sui costi della politica.
Il Consiglio di Stato ha dichiarato che costituisce «attività economica» qualsiasi attività consistente nell’offrire beni e servizi in un mercato, e di conseguenza il ministero dell’Economia ha modificato il regolamento nella parte in cui definisce le attività esenti Imu. Esse non solo devono essere senza scopo di lucro, ma devono anche essere «prive del carattere di attività economica come definito dal diritto dell’Unione europea, tenuto conto dell’assenza di relazione con il costo effettivo del servizio e della differenza rispetto ai corrispettivi medi previsti».
Qualche volta è utilizzato il criterio della gratuità o del carattere simbolico delle retta, mentre altre volte prevale il criterio dell’importo non superiore alla metà di quello medio previsto per le stesse attività svolte nello stesso ambito territoriale. In altri ancora vige il principio della non copertura integrale del costo effettivo del servizio (vale per le attività didattiche).
Questo per rispettare le norme europee che identificano l’attività economica per evitare il rischio di una procedura di infrazione, con oggetto il nuovo atto normativo.
Il regolamento è composto da sette articoli che identificano i soggetti no-profit e regolano anche gli immobili che hanno utilizzazione mista.