Inutile ribadire che il quadro macro-economico si è deteriorato e lo stesso Renzi ha capito che i margini per allargare il bonus fiscale da 80 euro a pensionati e partite Iva, categorie che sono rimaste fuori dall’operazione partita a maggio, sono ormai ridotti. Sarà già molto difficile rendere strutturale la misura per chi in questo momento usufruisce dello sgravio dato che l’anno prossimo saranno necessari 10 miliardi (e non più solo i 6,9 necessari per gli 8 mesi del 2014) per convalidarlo e la maggior parte della copertura è collegata ai frutti dell’incertissima spending review che nel 2015 deve portare risparmi da 16-17 miliardi.
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In ogni caso il premier, che nella campagna elettorale per le europee aveva assicurato interventi per accrescere gli assegni pensionistici inferiori a mille euro mensili (ci sono 8 milioni di italiani in questa condizione), vuole in ogni caso dare un segno. Ed ambienti della maggioranza lo spingono a rivolgere le sue attenzioni sul meccanismo della «no tax area». Se non ci sono risorse per assicurare gli 80 euro a tutti i pensionati, è questo il pensiero che si sta diffondendo nel governo, almeno va tolta l’Irpef a chi percepisce un assegno mensile lordo compreso tra 625 e 665 euro. Quindi a quegli 1,2 milioni di persone tra 7.500 e 8.000 mila euro l’anno a cui lo Stato, ogni mese, sottrae in media circa 45 euro di tasse.
L’ attenzione per questi soggetti sta nel fatto che, oltre ad essere soggetti a reddito basso, sono contribuenti che non rientrano nella no tax area a differenza dei dipendenti che fino a 8 mila non versano alcuna imposta. «E’ un disallineamento che va sanato» dicono fonti autorevoli del ministero del Tesoro che stanno studiando il dossier.