In riferimento alla tari, imposta che con l’inserimento di alcune differenze sostanziali ha sostituito Tarsu, Tia e Tares , vi sono una serie di casi singoli relativi a delibere comunali di dubbia legittimità che vanno considerati con molta attenzione.
Un primo filone è da tenere in considerazione ad esempio quando si verificano le delibere adottate a posteriori rispetto alla data stabilita dalle leggi nazionali per i bilanci di previsione (che lo scorso anno è stata il 30 settembre). Delibere successive a questa scadenza possono essere impugnabili.
Un altro caso riguardante diversi Comuni italiani concerne invece la riduzione della Tari inferiore al 40% nelle zone dove la raccolta non è prevista.
Tuttavia, tra i vizi formali il più comune concerne l’assenza di un piano tariffario, contrariamente a quanto statuito dalla Legge di Stabilità 2014: al fine di determinare con esattezza il costo del servizio occorre l’indicazione dei costi fissi e variabili. Quasi sempre invece gli avvisi di pagamento Tari sono vaghi.
In tutti i casi suddetti è opportuno impugnare l’avviso di pagamento in autotutela. In altri termini bisogna rivolgersi personalmente all’ufficio tributi del Comune. In caso di mancata risposta o rigetto è possibile impugnare la cartella di fronte alla commissione tributaria provinciale. Va ricordato però che l’autotutela non mette in stand-by i termini per l’impugnazione.
In ultima analisi, è necessario che le aziende che gestiscono autonomamente lo smaltimento dei rifiuti e quindi non usufruiscono del servizio comunale, possono richiedere l’esenzione dal pagamento della Tari. Richiedendo l’esenzione del pagamento della Tari, le suddette aziende avranno pertanto la possibilità di risparmiare su una voce contabile.