La crisi finanziaria prosegue incessantemente e le tasche degli italiani, che decidono di ricorrere alle rate anche per pagare le tasse, sono sempre più vuote.
Così, le tasse stesse sono la metà di quelle incassate da Equitalia l’anno scorso.
Sostiene l’ad di Equitalia Ruffini:
Nel 2015, gli incassi da rateazione hanno rappresentato circa il 50% del totale degli incassi, un dato sostanzialmente in linea con quello dell’anno precedente. La rilevanza del fenomeno della rateizzazione emerge dal fatto che Equitalia ha “gestito” dal 2008 (anno in cui è stata trasferita la competenza agli agenti della riscossione) a fine 2015 “circa 5,6 milioni di istanze di rateizzazione, per un valore di oltre 107 miliardi. Nel 2015 sono state presentate complessivamente 1.216.784 istanze di dilazione, per un totale di 22,7 miliardi; al momento ne sono state accolte 1.179.308 e respinte solo 28.189 per mancanza dei requisiti di legge.
Nel corso della relazione dell’ad, è venuto fuori anche quanto è espanso il cumulo di crediti non riscossi a partire dal 2000: ammonta a 1.058 miliardi, circa la metà del debito pubblico. Di questi le posizioni effettivamente lavorabili sono appena il 5% del totale, ovvero 51 miliardi. Ruffini ha definito il problema delle cosiddette quote inesigibili una “patologia estrema”. Dei 1.058 miliardi di carichi affidati ad Equitalia, ha spiegato, il 20,5% è stato annullato dagli stessi enti creditori, in quanto ritenuto indebito; dei restanti 841 miliardi, oltre un terzo sono difficilmente recuperabili poichè sono dovuti da soggetti falliti, o deceduti o nullatenenti. Per altri 28 miliardi la riscossione è sospesa per forme di autotutela o sentenze. Restano 506 miliardi di cui oltre il 60% corrispondono a posizioni per cui si sono tentate invano azioni esecutive. Al netto di altri 25 miliardi di rate per riscossioni a rate e di 81 miliardi di riscosso restano 85 miliardi. Di questi 34 miliardi non sono lavorabili per norme a favore dei contribuenti. Di conseguenza si arriva a 51 miliardi.