Ieri la Cgia di Mestre è intervenuta nelle polemiche sul Mezzogiorno trascurato dallo Stato. Aperte le discussioni sul saldo pro capite: la differenza, cioè, tra quello che un cittadino paga allo Stato e quello che riceve in cambio. Nel 2007 questo saldo risultava positivo per i contribuenti del Nord e del Centro, ciò significa che hanno versato più di quanto non abbiano ottenuto in spesa sociale. E’ incrementata ovvero la differenza tra quanto versano in termini di tasse e contributi alle amministrazioni pubbliche e quanto ricevono in termini di spesa pubblica i cittadini.
Al Sud invece sembra che i trasferimenti statali superino le imposte versate. Non basta. Al Sud i trasferimenti statali superano i versamenti individuali: ogni individuo guadagna 1.061 euro (come differenza tra quanto versa e quanto riceve). Per non parlare delle regioni a statuto speciale, cioè Sicilia e Sardegna, dove la cifra si attesta sui 2.063 euro.
I maggiori sacrifici per sostenere l’economia meridionale sono stati fatti dagli abitanti del Centro che hanno registrato in questo decennio gli aumenti di saldo più consistenti – afferma Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia -. È moralmente ineccepibile che le realtà più ricche del Paese, siano esse del Nord o del Centro, debbano aiutare quelle più in difficoltà. Ciò che non è accettabile è che la protesta sollevata in queste settimane da una parte della classe politica e dirigente meridionale si basi sull’assunto che negli ultimi anni gli aiuti economici al Mezzogiorno sono diminuiti. I dati in maniera inequivocabile dicono il contrario.
La vera gabbia che imprigiona il Mezzogiorno si chiama disoccupazione – ha affermato Sergio D´Antoni, responsabile Sud del Partito democratico -. Da Napoli in giù la maggior parte delle famiglie vive con un solo stipendio, inferiore mediamente del 30 per cento rispetto ai redditi settentrionali.
L’ultimo rapporto Svimez ha rivelato che negli ultimi undici anni 700mila persone hanno lasciato le regioni del Sud per cercare lavoro al Nord.
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