La città di Aosta sembra non seguire, caso forse più unico che raro, la tendenza del resto delle città italiane per quel che riguarda l’Ici sulle seconde case: in effetti, il capoluogo della Valle d’Aosta è l’unico che ha optato per l’aliquota minima dell’Imposta Comunale sugli Immobili, vale a dire il 4 per mille. Al contrario, se si vanno ad esaminare gli altri capoluoghi di provincia, ci si accorge che in oltre il 70% dei casi l’aliquota ordinaria che è stata scelta dal Comune per il tributo in relazione al 2009 è la più elevata, ovvero il 7 per mille. A Roma così come a Firenze, a Caltanisetta come a Treviso la scelta dell’aliquota è sempre quella massima: solamente per quel che concerne la città di Milano vi è un applicazione diversa, un’aliquota Ici del 5 per mille. Questa eccezione del capoluogo lombardo non deve comunque sorprendere; infatti, esso è stato recentemente interessato a una revisione della classificazione degli immobili nelle cosiddette “zone di pregio”, un’operazione che ha avuto come diretta conseguenza anche e soprattutto un aumento del valore del catasto e un importante recupero di gettito fiscale.
È l’Ifel, vale a dire l’Istituto per la Finanza e l’Economia Locale, l’ente che si occupa di questi argomenti: nella banca dati dell’istituto vi sono, per l’appunto, tutte le aliquote Ici che sono state adottate dai Comuni italiani per quel che riguarda il 2009. L’Ifel, in stretto contatto con la Fondazione Anci, ha dunque provveduto a mostrare questo interessante caso di studio: i Comuni italiani vivono questo rincaro nell’imposta, tutti tranne Aosta, città che, tra l’altro, presenta una caratteristica unica anche dal punto di vista amministrativo.
Si tratta dell’unico capoluogo di regione che non è anche capoluogo di provincia, a causa del particolare statuto speciale che regola la Regione valdostana, in cui le funzioni provinciali sono svolte in parte anche dagli stessi Comuni.
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