La definizione agevolata è stata introdotta, per la precisione, dal decreto legislativo 472 del 1997 (“Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie”): la sua presenza non impedisce, comunque, l’applicazione della sanzione di chiusura dell’esercizio commerciale, in caso di contestazione per la mancata emissione dello scontrino fiscale. In sintesi, è questo il contenuto della sentenza 19626 con cui la Corte di Cassazione si è pronunciata lo scorso 11 settembre, confermando, tra l’altro, l’orientamento già espresso dai giudici di legittimità. La sentenza ha portato chiarezza alla questione in esame, soprattutto dopo che era stato notificato un provvedimento da parte di un ufficio finanziario, al fine di sospendere l’attività di un negozio specializzato nella rivendita di generi alimentari.
Inizialmente, questo stesso provvedimento era stato impugnato dal titolare dell’attività davanti alla Commissione tributaria provinciale; l’appello dell’ufficio finanziario era stato comunque respinto in secondo grado, con la motivazione che la definizione della controversia col pagamento di un importo non inferiore a un quarto dei minimi edittali porta all’esclusione delle sanzioni accessorie e, conseguentemente, anche della sospensione delle attività. L’Amministrazione finanziaria ha poi avanzato un ricorso alla Cassazione, il cui pronunciamento è proprio la sentenza sopracitata. Come ha spiegato la stessa Corte, è prevista la sospensione della licenza all’esercizio, nel caso in cui vengono accertate, nel corso di cinque anni, tre distinte violazioni relative all’obbligo di emettere la ricevuta o lo scontrino fiscale; la definizione agevolata non impedisce in alcun modo l’irrogazione di questa sanzione.
La conferma di un tale orientamento suscita comunque stupore per quel che concerne le disposizioni fissate dai giudici di merito: come è successo anche nel caso del negozio menzionato, la Commissione tributaria provinciale ha ignorato totalmente il pensiero della giurisprudenza già noto da tempo, favorendo invece un’interpretazione a favore del contribuente, ma comunque non conforme ai principi peculiari del diritto tributario.