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Evasione fiscale: l’attenzione si sposta sui grandi gruppi

 Il 2010 rischia di essere un anno difficile per tutti quei grandi gruppi imprenditoriali e finanziari che, al termine dello scudo fiscale, non avranno “sanato” le proprie posizioni in materia di asset e beni non regolarizzati e/o in maniera illecita esportati all’estero. A partire dal prossimo mese di maggio, ovverosia dopo che sarà scaduta la proroga dello scudo fiscale, l’Amministrazione finanziaria, infatti, ha già fatto capire che userà il “pugno duro” contro le rendite ed i capitali non dichiarati al Fisco. Questo sarà infatti possibile grazie alla Legge sullo scudo fiscale che, a fronte della possibilità di mettersi in regola, sfruttando anche l’anonimato, con un’aliquota a “buon mercato”, al termine dello scudo stesso farà scattare un inasprimento delle sanzioni a carico degli evasori.

Lo spostamento dell’attenzione, in materia di contrasto all’evasione fiscale, dalle piccole e medie imprese ai grandi gruppi imprenditoriali e finanziari secondo Giuseppe Bortolussi della CGIA di Mestre, rappresenta e rappresenterà per il nostro Paese una vera e propria “rivoluzione culturale” senza precedenti. Rispetto al passato, quindi, le piccole imprese ed i lavoratori autonomi non saranno più visti come degli evasori, così come gli studi di settore, ha sottolineato Giuseppe Bortolussi, non rappresenteranno più uno strumento finalizzato a fare cassa. D’altronde, i dati sulla “prima parte” dello scudo fiscale parlano chiaro: sono rientrati in appena tre mesi, dal 15 settembre 2009 al 15 dicembre 2009, la bellezza di 95 miliardi di euro così come comunicato in via ufficiale dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Trattasi di una cifra che è equivalente, in appena tre mesi, all’imponibile evaso che ha scoperto la Guardia di Finanza dalla metà del 2004 alla fine del 2008, ovverosia in quattro anni e mezzo. Questo per dire che le parecchie decine di miliardi di euro di evasione in Italia, ogni anno, non sono frutto delle operazioni di finanza creativa da parte degli artigiani e dei commercianti, ma dei grandi gruppi imprenditoriali e finanziari che, in questi ultimi anni, appoggiandosi ai “paradisi fiscali“, hanno macinato utili senza pagare un solo euro di tasse.