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Lavoratori all’estero: fissate le nuove retribuzioni convenzionali

 I lavoratori dipendenti italiano che sono stati inviati all’estero per svolgere in maniera continuativa ed esclusiva il loro rapporto hanno finalmente un punto di riferimento per quel che concerne le loro retribuzioni: nella Gazzetta Ufficiale di due giorni fa è stato infatti pubblicato il decreto del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali del 21 gennaio 2010, il quale stabilisce appunto le retribuzioni convenzionali da utilizzare poi come base per il calcolo dei contributi assicurativi e delle imposte sul reddito relativi a quest’anno. Il comma 8-bis dell’articolo 51 del Tuir disciplina l’aspetto fiscale in questo senso, disponendo che il reddito di lavoro dipendente che viene prestato al di fuori del nostro paese da quei lavoratori che soggiornano in uno Stato estero per un periodo superiore ai 183 giorni, viene a essere determinato sulla base delle retribuzioni convenzionali definite ogni anno con apposito decreto ministeriale. C’è anche da aggiungere, tra l’altro, che, nel caso in cui il datore di lavoro riconosca al dipendente dei benefit, questi ultimi non sono sottoposti immediatamente a tassazione, visto che sono ricompresi in maniera forfetaria nella retribuzione convenzionale.

 

Ovviamente, è necessario che vengano soddisfatti i requisiti di esclusività e continuità in relazione al rapporto di lavoro svolto all’estero: si parla di esclusività, quando la prestazione rappresenta l’unica attività affidata al dipendente, mentre, nel caso della continuità, l’incarico deve essere stabile e non occasionale. Nell’ipotesi, poi, in cui le assunzioni, le risoluzioni del rapporto di lavoro e i trasferimenti all’estero avvengano nel corso del mese, i valori convenzionali fissati dal decreto devono essere divisi in ragione di ventisei giornate.

 

Infine, bisogna anche precisare che la disciplina che si evince dal già citato articolo 51, comma 8-bis, del Tuir, non può essere applicata se il dipendente svolge la propria attività lavorativa in uno Stato con cui l’Italia ha posto in essere un accordo volto ad evitare le doppie imposizioni.