Nella nostra penisola, su 100 euro di entrate tributarie ben 77,5 vanno all’Amministrazione centrale e solo 22,5 agli Enti locali. Su 457,4 miliardi di euro di entrate tributarie totali, 354,6 vanno all’erario italiano e 102,7 miliardi a Regioni, Province e Comuni. Sono i risultati emersi dall’elaborazione effettuata dall’Ufficio studi della CGIA di Mestre riferiti al 2008 (ultimo anno disponibile per poter eseguire un confronto omogeneo tra i principali paesi Ue).
I dati sono commentati dal segretario della CGIA, Giuseppe Bortolussi, che ha messo a raffronto le entrate statali e quelle locali di Italia, Francia, Spagna e Germania.
La cosa che ci preoccupa di più – afferma Bortolussi – è che dalla lettura di questi dati emerge una forte correlazione tra il livello di centralismo e la pressione tributaria. Vale a dire che la quantità di imposte, tasse e tributi che i contribuenti versano in percentuale del Pil è direttamente proporzionale al grado di centralismo fiscale.
In Italia abbiamo quindi un centralismo fiscale pari al 77,5%, subiamo una pressione tributaria (vale a dire l’incidenza di imposte, tasse e tributi sul Pil nazionale) pari al 29,1%: la più alta tra i paesi messi a confronto. La quantità di imposte, tasse e tributi che i contribuenti versano in percentuale del Pil è direttamente proporzionale al grado di centralismo fiscale. Con il federalismo fiscale invece si vorrebbe instaurare una proporzionalità diretta fra le imposte riscosse in una determinata area e le imposte effettivamente utilizzate dall’area stessa.
Solo trasferendo – conclude Bertolussi – più competenze agli Enti locali, lasciando a loro buona parte delle risorse erogate dai contribuenti, si potrà rispondere meglio alle esigenze di questi ultimi rendendo gli amministratori locali più responsabili e più virtuosi. Tutto ciò con l’obbiettivo di spendere meno e di abbassare la pressione tributaria
E’ necessario approvare in tempi brevi i decreti delegati previsti dalla legge sul federalismo fiscale.