Che cosa hanno da spartire nel momento economico attuale due paesi come Grecia e Svizzera? I negoziati tra i governi di Atene e Berna sono in fermento per ottenere una intesa proficua su entrambi i fronti. In particolare, l’intenzione del premier ellenico, Antonis Samaras, è quella di bloccare le fuoriuscite di utili capitali dal paese, in grosse difficoltà finanziarie e sull’orlo del baratro da diversi mesi. Insomma, la Grecia vuole mostrarsi al Fondo Monetario Internazionale e alla Banca Centrale Europea come una nazione virtuosa e che rispetta gli impegni, sfruttando un’arma finora un po’ trascurata, quella del Fisco.
Non si può quantificare quanto tesoretto greco è presente nelle banche elvetiche, si parla di circa cento miliardi di euro, senza dimenticare che questa evasione fiscale comporta per le casse di Atene una perdita piuttosto consistente, vale a dire 1,6 miliardi di euro. A dire il vero, però, questi dati rappresentano solamente una ipotesi semplicistica e che prevede una normale perdita della tassazione minima per quel che concerne i versamenti che il Fisco richiede sugli interessi che sono percepiti ogni anno. Se poi si aggiungono i capitali identificati come prodotti scissi dall’imponibile, allora la perdita annuale salirebbe fino a sedici miliardi di euro. Può l’imposizione fiscale venire in soccorso del deficit di bilancio e del debito della Grecia?
Molti consiglieri di Samaras si stanno convincendo della validità dello strumento tributario, in quanto le somme che verrebbero recuperate servirebbero per riportare il deficit al 9% del Prodotto Interno Lordo, un valore senz’altro più accettabile di quello attuale. Inoltre, il mantenimento dei capitali in patria sarebbe benefico per il debito pubblico, visto che si tratterebbe della opzione in grado di rivitalizzare gli investimenti, ponendo un freno importante al disinvestimento nazionale che da circa un biennio sta sconvolgendo il sistema greco delle imprese. I prossimi mesi saranno decisivi in questo senso, ma bisogna fare in fretta.
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