Solo il 25% degli host versa regolarmente le tasse per i redditi di Airbnb. Tuttavia questa volta la voce degli albergatori potrebbe essere stata presa in esame: in Parlamento si discute di una soluzione che bloccherà l’evasione da parte di chi usa la piattaforma per affitti online tra privati.
Si parla infatti di un’applicazione che tratterrà in maniera diretta le tasse Airbnb al momento della prenotazione. In altre parole questi siti di affitti tra privati agiranno come sostituti di imposta trattenendo un’aliquota fissa del 10% su tutte le transazioni.
La proposta bipartisan interverrebbe in quello che oggi è un vuoto legislativo evidente, sebbene quella della sharing economy negli affitti sia ormai una realtà consolidata.
Un primo passo, in alcuni Comuni, è stata la previsione della tassa di soggiorno ma le disparità tra albergatori e affitti privati in tema fiscale sono ancora troppe e siamo innegabilmente di fronte ad uno scenario di concorrenza sleale (non tanto quanto l’host si limiti ad affittare una stanza o un posto letto ma quando, dietro agli annunci Airbnb, si celino veri e proprio B&b abusivi). La proposta di legge infatti prevede una soglia 10 mila euro annui come spartiacque per distinguere attività abusive da redditi extra: chi sta sotto questo importo paga il 10% con la formula della cedolare secca (mantenendo salva la no tax area).
Alessandro Nucara, direttore generale di Federalberghi, ha commentato così i numeri relativi all’anno 2014 (73,8 milioni di ospiti in alloggi privati non registrati): “siamo di fronte a una diffusa alterazione delle regole che danneggia tanto le imprese turistiche tradizionali quanto coloro che gestiscono in modo corretto le nuove forme di accoglienza”.