A pochi giorni dalla notizia dell’Università di Pavia, condannata a risarcire gli studenti su cui erano state applicate tasse troppo elevate, ecco l’effetto a tappetto su tanti altri atenei italiani. Oltre la metà delle università pubbliche italiane chiede agli studenti delle tasse troppo alte, superando il limite di legge che prevede che il balzello non superi il 20% del valore del finanziamento pubblico. Sono precisamente trentatre le università fuorilegge, secondo una ricerca del Sole 24 Ore, atenei che contravvengono all’art. 5 del Dpr 306/1997 che impedisce di raccogliere dai contributi studenteschi una somma superiore al 20% dell’assegno erogato sotto forma di finanziamento.
La sentenza di Pavia quindi potrebbe prosciugare le casse delle università italiane perché molti sono gli atenei che sono andati al di sopra della percentuale prevista, non si può però non tener conto del fatto che molti studenti hanno pagato più del dovuto. Ci sono però università che non hanno nulla da temere, anzi sembra proprio siano sottofinanziate.
La nostra università è tra quelle che ricevono come contributi dagli studenti meno di tutte quelle del Nord, molto meno della media nazionale, meno anche di alcune del Centro-Sud – risponde molto tranquillo il direttore amministrativo dell’università di Bergamo Giuseppe Giovanelli – Non abbiamo nulla da temere, per una serie di motivi. A cominciare dal fatto che le tasse studentesche sono state definite insieme ai rappresentanti degli studenti che hanno poi votato il costo all’unanimità. Quando la legge è stata fatta, Bergamo aveva 7.000 studenti, oggi ne conta il doppio. I trasferimenti statali invece non sono cresciuti di pari passo. Tant’è che noi siamo sotto-finanziati: il contributo che ci arriva dal ministero è tra i più bassi d’Italia, vale a dire 35 milioni e mezzo di euro nel 2010 per 14.707 studenti con 338 docenti. Avremmo diritto ad almeno dieci milioni di euro in più all’anno. Solo che la nostra crescita è coincisa con i tagli ai trasferimenti statali. Quindi siamo arrivati al paradosso: più studenti, meno soldi dallo Stato, per forza salta il tetto del 20%.