Home » Tasse » In Australia si tassa anche l’arretratezza tecnologica

In Australia si tassa anche l’arretratezza tecnologica

 Quando si pensa di aver finalmente scovato la tassa più strana e bizzarra al mondo, ecco che subito spunta un nuovo “campione”: bisogna spostarsi in Australia per capire di cosa si tratta, visto che un rivenditore di un negozio di elettronica del paese oceaniano ha deciso di introdurre l’imposta sulla arretratezza tecnologica. Che cosa si intende esattamente con questo termine? L’esercizio commerciale in questione, Kogan per la precisione, intende tassare i propri utenti che vogliono acquistare direttamente dal sito web e che per realizzare questa operazione si avvalgono del vecchio e impopolare browser di Microsoft, vale a dire Internet Explorer 7. Come si può giustificare una decisione del genere?

ALLE NAZIONI UNITE SI DISCUTE DELLA TASSA SU INTERNET
Secondo il proprietario, si sta parlando di cittadini del web, quindi la missione è quella di rendere Internet ancora migliore di quanto non sia. La speranza è addirittura quella di far sparire il browser obsoleto in questione, cercando di costruire uno shopping online che possa essere davvero avanzato e all’avanguardia. Ma le dichiarazioni non si fermano soltanto a quelle appena menzionate. Lo stesso proprietario ha infatti affermato come i prezzi dello store siano rimasti molto più bassi rispetto ad altri e questo è stato possibile grazie soprattutto all’uso di tecnologie importanti che hanno reso il business efficiente e snello.

IN AUSTRALIA ARRIVA LA CARBON TAX

Una delle maggiori difficoltà, poi, è stata rappresentata dal tempo speso per gestire Internet Explorer 7, con il sito di questo esercizio che è stato dovuto adeguare in maniera appropriata. Entrando maggiormente nel dettaglio di tale tributo, c’è da dire che esso prevede un sovrapprezzo di 6,8 punti percentuali, il quale deve essere applicato agli acquisti effettuati dai soggetti tecnologicamente arretrati; tra l’altro, la percentuale in questione potrebbe anche aumentare nel giro dei prossimi mesi, un metodo drastico per scoraggiare l’acquisto del browser. Chissà che altre aziende non seguano lo stesso esempio.