L’associazione dei consumatori Codacons (Coordinamento delle Associazioni per la Difesa dell’Ambiente e dei Diritti degli Utenti e dei Consumatori) è sempre molto agguerrita quando si tratta di difendere i cittadini: non è un caso, quindi, che sia stata proprio essa a recarsi in tribunale per contrastare la tassa di concessione governativa che di solito viene versata da quegli italiani che sono in possesso di un abbonamento per la telefonia mobile. L’ammontare complessivo di questa stessa tassa è pari a novantuno milioni di euro ogni anno, ragione per cui l’associazione si è sentita in dovere di intervenire.
Il balzello in questione viene definito addirittura come assurdo, visti i soldi che richiede a seconda delle situazioni: si tratta, nello specifico, di 5,16 euro al mese per ogni privato cittadino che si è abbonato e di 12,91 euro per quel che concerne le aziende. La tassa di concessione era stata introdotta in origine in riferimento alle società attive nel settore telefonico, visto che erano state proprio queste ultime a pretenderla ritenendo il cellulare un bene di lusso, come anche il relativo contratto di abbonamento. Col passare degli anni, però, la situazione è cambiata in maniera radicale.
In particolare, la Commissione Tributaria Regionale del Veneto e quella Provinciale di Perugia si sono rese protagoniste di due sentenze fondamentali da tale punto di vista: in pratica, si è riconosciuto come la tassa non sia più prevista in base ai dettami del nuovo codice che disciplina le telecomunicazioni, senza dimenticare che il tributo è stato anche considerato illegittimo e anacronistico, dato che nel mercato vi sono regole improntate alla liberalizzazione. Le sentenze delle due commissioni sono l’appiglio principale per il Codacons, il quale è convinto che la situazione possa essere risolta in maniera positiva. L’azione legale è già stata fatta partire, al fine di far conseguire agli utenti il rimborso della tassa pagata ingiustamente nel corso degli ultimi tre anni.
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