Il cosiddetto “canone Rai” è una tassa, precisamente la tassa di possesso del televisore, ragion per cui basta il televisore in casa per far scattare il pagamento anche se magari, ad esempio, l’utente televisivo, a puro titolo d’ipotesi, non vedesse mai alcuna trasmissione in onda sulla televisione di Stato. Eppure, in accordo con quanto riporta l’Associazione Contribuenti.it, per voce del suo Presidente, Vittorio Carlomagno, è la stessa Rai che continua sulle proprie reti a promuovere il pagamento della tassa come se si trattasse di una sorta di “abbonamento”. Questo secondo il Presidente Carlomagno altro non fa che disorientare i contribuenti a fronte di un “canone Rai” che è una tassa e che, come tale, va pagata.
Ma quanti sono in Italia i cittadini che, in possesso di un televisore a casa, pagano il “canone Rai“? Ebbene, proprio secondo Contribuenti.it – Associazione Contribuenti Italiani, è la tassa di possesso del televisore quella più evasa dagli italiani. Il dato, nello specifico, emerge da uno studio che l’Associazione ha commissionato a KRLS Network of Business Ethics ai fini della pubblicazione sul magazine “Contribuenti.it”.
Nel dettaglio, la ricerca condotta rivela come in media sia il 41% delle famiglie a non pagare il canone della Rai, mentre addirittura le imprese lo evadono in ragione del 96%. Tra i contribuenti privati poi ci sono vere e proprie sacche di evasione che arrivano fino all’87% in Calabria, Campania e Sicilia. 96 imprese su 100, quindi, non pagano il “canone Rai”, non quello ordinario, ma quello cosiddetto “speciale” che devono pagare gli enti privati, quelli pubblici, nonché le imprese ed i lavoratori autonomi in quanto in possesso di “apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle radioaudizioni“. In base alle indagini commissionate da Contribuenti.it negli ultimi anni, l’evasione del “canone Rai” è aumentata: si è passati dal 22% del 2005 al 41% del 2010 e fino al 43% di quest’anno.
Da quando in qua una tassa inlude il pagamento di una impusta (l’IVA) e un’altra tassa (la tassa di concessione governativa)?.
La dizione corretta è (come detto dalla Corte Costituzionale) che “il canone televisivo è dovuto a titolo di tributo”.
Ora alla luce del fatto che l’IVA e’ una esazione progressiva che si applica nell’ambito di atti negoziali di scambio di merci ed erogazione di servizi e’ evidente che il canone RAI non puo’ essere considerato una tassa (ovvero un atto autoritativo).
Ne consegue, quindi, che nell’ambito dei rapporti negoziali affinche’ la RAI (che è un Spa, ovvero una società di diritto privato) possa far valere i suoi diritti di consessionaria deve sottoscrivere un regolare contratto di fornitura di servizio radiotelevisivo con il singolo abbonato (così come viene fatto nel caso della tariffa rifiuti, fornitura di gas, elettricità e acqua.
In assenza del suddetto atto negoziale l’assolvimento della sola tassa di concessione governativa (pari a circa 8 euro) costituisce titolo per la legittima detenzione di un apparecchio radiotelevisivo.
Scusate mi sono dimencato di dire che la dizione tributo e’ una indicazione generica con la quale si indicano (indiferrentemente) tasse, imposte e tariffe.