Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha messo in luce il modo con cui disciplinare tutte quelle sentenze che si riferiscono a delle imposte e a degli anni differenti, nel momento in cui il contribuente presenta il proprio ricorso: quest’ultimo, in pratica, non è ammissibile, ma cerchiamo di capire i motivi di un tale pronunciamento. Tutto era nato da un ricorso di una società di persone contro una Commissione Tributaria Regionale in merito agli accertamenti di Ilor, Irpeg ed Iva; la stessa società aveva preteso di riunire le cause proprio in commissione, ma da questa era giunto il diktat circa una decisione da effettuare con delle sentenze separate. Un ricorso cumulativo, in effetti, è consentito soltanto quando la soluzione per ogni tipo di sentenza viene a dipendere dalle medesime questioni di diritto che sono comuni a tutte le cause, al fine di porre in essere un giudizio da rilevare in ogni controversia. Nel caso in questione, invece, mancavano l’identità del collegio atto a giudicare e l’identità della struttura argomentativa.
Tra l’altro, la Suprema Corte si era pronunciata nella stessa direzione anche in occasione di una sentenza relativa alla violazione del divieto delle cosiddette “impugnazioni cumulative”, ritenendo ancora una volta inammissibile il ricorso, a causa del suo contrasto con la giurisprudenza di legittimità. Vere e proprie leggi tributarie in proposito non esistono, ma l’orientamento prevalente si basa su delle considerazioni che prendono soprattutto in esame l’equità e la sostanzialità, oltre ad altri argomenti più vicini all’economia di tipo processuale che sostengono il ricorso unico contro più sentenze che sono state pronunciate nello stesso procedimento.
Il ricorso cumulativo, invece, si base essenzialmente sull’articolo 104 del codice di procedura civile, in base al quale è possibile proporre contro la stessa parte una serie di domande, che possono anche non essere connesse tra loro, ma con identico risultato in relazione a una riunione di processi.