Quando dei soggetti privati sottoscrivono dei contratti allo scopo di eludere il Fisco, dunque di ottenere un risparmio d’imposta, è sempre possibile che essi possano essere qualificati dalla nostra amministrazione finanziaria. In effetti, sia l’Agenzia delle Entrate che il giudice tributario hanno la possibilità di realizzare questa “trasformazione”, visto che non ha alcuna importanza lo schema negoziale che è stato adottato dalle parti (vedi anche Le fiamme gialle: in aumento elusione fiscale). Questo principio è stato stabilito in una recente sentenza dalla Corte di Cassazione.
In pratica, la Commissione Tributaria Provinciale di Imperia aveva accolto il ricorso di una Srl proprietaria di un supermercato, a causa di un avviso di accertamento per Iva, Irpeg (Imposta sul Reddito delle Persone Giuridiche) e Ilor per quel che concerne il 1997. Non l’aveva pensata allo stesso modo, invece, la Commissione Tributaria Regionale, la quale ha accolto in parte l’appello delle Entrate, ritenendo troppo sperequate le pattuizioni dei contratti. Nel dettaglio, il Fisco avrebbe voluto un utile netto relativo alla vendita di carni pari al 20%, mentre la contribuente coinvolta si era fermata al 9%. Il ricorso per Cassazione si è reso necessario soprattutto a causa dell’assenza di una clausola antielusiva, utile all’Agenzia per controllare e monitorare la convenienza in senso economico degli atti negoziali.
Anche i giudici di Piazza Cavour hanno richiesto la sussistenza di una clausola simile, ricordando però come la qualificazione degli atti possa essere modificata. Questo vuol dire che la nostra amministrazione finanziaria ha la possibilità di non riconoscere e di dichiarare non opponibili tutte quelle operazioni e gli atti che sono realizzati per ottenere dei vantaggi fiscali che sono in contrasto con la disciplina tributaria. Bisogna però ricordare che ufficio e giudice devono interpretare e qualificare la natura e gli effetti giuridici dei vari contratti, accertando al tempo stesso un accordo di tipo simulato che possa pregiudicare il diritto a percepire il tributo esatto.
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