Che cosa comporta il federalismo fiscale?

La riproposizione dell’Ici come Imposta Municipale Unica ha fatto tornare d’attualità la discussione sul federalismo fiscale: ma in quanti sanno di cosa si tratta esattamente? Una buona rinfrescata è sempre molto utile in questo senso. Anzitutto, questa riforma può essere definita come un vero e proprio sistema di tipo economico e politico, con un rapporto di proporzionalità diretta tra le tasse che devono essere riscosse a livello territoriale (vale a dire quelle di competenza dei classici enti locali, i comuni, le regioni e le province) e quelle che sono sfruttate realmente, un modo per coordinare le varie amministrazioni ed evitare qualsiasi tipo di spreco.

I problemi in tale ambito si pongono soprattutto in relazione al Mezzogiorno del nostro paese, con tante perplessità relative all’impatto. Inoltre, il testo normativo che ha riguardato finora il federalismo non ha molto a che vedere con un sistema puro come potrebbe trovarsi in Canada o negli Stati Uniti, per il nostro paese si è puntato su qualcosa di maggiormente “annacquato”, una sorta di contentino per la Lega Nord, il partito che ha sempre puntato con vigore a questo progetto. Qual è la base effettiva su cui si regge il federalismo fiscale?

Tutto deve fare riferimento alla modifica che va apportata a una sezione specifica della nostra Costituzione, vale a dire il famoso Titolo V: la riforma in questione è avvenuta nel 2001, con una ripartizione ben precisa dei compiti di spettanza dello Stato e delle regioni, una sorta di rivoluzione visto che il testo originale della carta non prevedeva niente di tutto questo. Grazie a tale novella, anche le città metropolitane, le regioni, le province e i comuni hanno la possibilità di imporre e riscuotere i loro tributi, grazie in particolare alle loro risorse autonome e alle compartecipazioni al gettito delle imposte dell’Erario (ovviamente queste ultime devono essere riferibili al loro territorio).