Il caso dei familiari portatori di handicap va esaminato nel dettaglio per quel che concerne tutti gli aspetti fiscali e tributari: come previsto dal Testo Unico delle Imposte sui Redditi (Tuir, più precisamente il primo comma dell’articolo 10), tutte le spese mediche e quelle per l’assistenza specifica nelle ipotesi di invalidità grave e permanente oppure di menomazione sono deducibili ai fini Irpef (Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche). Nello specifico, si fa riferimento a quanto viene sborsato dai soggetti portatori di handicap che sono indicati dalla Legge 104 del 1992 (“Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate).
L’articolo 3 di questo testo normativo parla proprio delle persone aventi diritto. Se il portatore di handicap deve essere ricoverato in un istituto di assistenza, allora non si può provvedere alla deduzione dell’importo della retta, ma solo di quella parte che si riferisce alle spese mediche e paramediche. Dunque, c’è una netta distinzione tra queste ultime e il vitto e l’alloggio. La deducibilità, inoltre, è valida anche nel momento in cui non sono state sostenute spese per le persone che vengono indicate dall’articolo 433 del codice civile (persone obbligate a prestare gli alimenti) e che non sono a carico dal punto di vista fiscale.
Nello specifico, questo importante elenco ricomprende il coniuge, i figli legittimi, legittimati, naturali o adottivi, i genitori, i generi e le nuore, il suocero e la suocera e i fratelli e le sorelle germani o unilaterali (con precedenza per i primi). Quando, infine, l’istituto adibito alla cura provvede a indicare le spese che sono deducibili con il paziente ricoverato che l’unico intestatario della fattura, allora il familiare che ha sostenuto il costo deve integrare tale documento, annotando su di esso la somma che è stata da lui pagata. I controlli richiedono in ogni caso tutta la documentazione che è in grado di certificare e comprovare la spesa sostenuta.
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