Il capo dello Stato non avrebbe dovuto firmare l’amnistia fiscale, né tanto meno negarne la gravità prima di farlo Questa porcata non andava promulgata, e se fosse stata ripresentata invariata, il presidente della Repubblica, firmando, avrebbe dovuto spiegare alla nazione che l’arroganza del governo, e di una certa opposizione, privava delle sue prerogative anche la presidenza della Repubblica.
Così tuona, senza mezzi termini, Antonio di Pietro, riferendosi allo scudo fiscale da poco firmato da Napolitano.
Secondo la Guardia di finanza e l’Agenzia delle entrate, che citano dati dell’associazione dei Private bankers, la consistenza dei patrimoni italiani all’estero che potrebbero essere rimpatriati ammonterebbe a circa 300 miliardi.
Il 2 ottobre il governo Berlusconi IV, con il voto di fiducia, avrebbe potuto togliere le tende e tornare a casa riportando il Paese alle urne. Per soli 20 voti – continua Di Pietro – l’Italia ha perso questo importante treno su cui viaggiava, oltre al proprio futuro, ed è stato approvato lo scudo fiscale. Venti voti di deputati del Pd e dell’Udc e, con rabbia devo riconoscere, anche di un deputato Idv. Gli italiani sono stati fregati da 32 escort “da Parlamento” che si sono svendute a questa vergogna.
Esprimo piena solidarietà al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, oggetto di una riprovevole rincorsa al populismo da parte di chi lo critica per aver svolto i suoi doveri istituzionali.
Ha affermato Enrico Letta, a margine della manifestazione per la libertà di stampa in corso a Piazza del Popolo, a Roma.
Il deputato sostiene che l’attacco di Di Pietro sia devastante, che ricordi il film del 2006-2008, quando c’era la rincorsa nelle sei-sette formazioni della sinistra radicale a chi la sparava più grossa, spiega quasi con ironia.
Anche Brunetta sembra dello stesso parere ma ammette:
Scudo male necessario, polemiche ignobili. Le polemiche sollevate dall’opposizione sullo scudo fiscale sono ignobili, perché si tratta di un male necessario. Il provvedimento se porta il rientro di 200-300 mld di euro, con un gettito di 5 mld o più, da un male necessario diventare un bene.