A Ravenna l’Agenzia delle Entrate ha stanato un’impresa che utilizzava il Fisco come un Bancomat andando a portare in compensazione crediti inesistenti e, di conseguenza, andando ad accumulare nel tempo un vero e proprio tesoretto. L’evasione fiscale scoperta, comprendendo le imposte non versate, le sanzioni e gli interessi, ammonta a ben due milioni di euro che quindi ora l’impresa ravennate, operante nel settore dell’edilizia, dovrà restituire al Fisco a conclusione dei controlli avviati dalla Direzione Provinciale delle Entrate. In particolare, secondo quanto si legge in una nota emessa dalla Direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate della Regione Emilia-Romagna, l’indagine a carico dell’impresa edile è partita nel 2007 con gli “007” del Fisco che hanno rilevato come la ditta da un lato non versava le ritenute sui debiti da lavoro dipendente, e dall’altro andava a portare in compensazione crediti inesistenti sull’imposta sul valore aggiunto (Iva) andando a creare un doppio danno all’Erario visto che poi il Fisco, in base alle somme che risultavano dalle compensazioni illecite, doveva andare a riversare gli importi agli enti previdenziali.
A fronte di tale escamotage, come accennato, la ditta edile ravennate nel periodo dal 2007 al 2010 è arrivata a sottrarre al Fisco somme per ben un milione di euro così distribuite: 176 mila euro nell’anno 2007, 304 mila euro nell’anno 2008, 392 mila euro nel 2009 e 67 mila euro nel 2010; andando ad aggiungere un altro milione di euro tra interessi e sanzioni, il totale che l’impresa edile deve pagare al Fisco ammonta a 2,04 milioni di euro.
Trattasi di somme legate ad un’operazione in tutto e per tutto truffaldina per la quale la Direzione Provinciale di Ravenna è al lavoro per l’individuazione di tutti i soggetti coinvolti. Grazie al Decreto numero 78 del 2009, il cosiddetto “Decreto Anticrisi“, su queste operazioni truffaldine è scattata la “stretta” visto che per le compensazioni annue di importo sopra i 10 mila scatta la presentazione preventiva della dichiarazione, mentre sopra i 15 mila euro annui scatta una ulteriore stretta che impone l’obbligo del visto di conformità.