L’Agenzia delle Entrate mira alla riforma del Terzo Settore, successivamente a un processo di sedimentazione delle norme che ha avviato una serie di misure frammentate e un sistema disorganizzato. Uscirne è possibile soltanto attraverso un intervento di natura organica.
Durante gli ultimi anni, la legislazione speciale è stata stratificata al punto da individuare una serie di soggetti che si sono sovrapposti alle figure di natura civilistica.
Da ciò emerge un assetto normativo denso di problematiche, come testimonia il numero elevato di accertamenti, contenziosi tributari, interpelli, consulenze giuridiche, risoluzioni e circolari che ogni anno vedono impegnata l’Agenzia delle Entrate in quest’ambito.
L’Agenzia delle Entrate, analizzando le leggi, ha individuato un dato strutturale che pare particolarizzare la legislazione civilistica e fiscale degli enti afferenti al Terzo Settore. Ad essi viene riconosciuta infatti una fiscalità che si fonda principalmente sull’importanza della loro oggettiva non lucratività e non intorno alla rilevanza soggettiva. Un quadro totalmente diverso da quello fornito dall’Istat in precedenza.
Osserva l’Agenzia:
Il Terzo Settore, oggi, è infatti prevalentemente alimentato dal finanziamento privato (per il 65,9%) rispetto a quello pubblico (34,1%). Le sue entrate derivano per il 47,3% dallo svolgimento di attività commerciali. La realtà ha così ampiamente superato la norma civilistica sdoganando definitivamente l’idea che gli enti non profit si qualifichino per la finalità non lucrativa e non per l’attività svolta che può anche essere commerciale. Va dunque apprezzata la possibilità di ripensare l’attuale regime di tassazione del Terzo settore alla luce delle finalità solidaristiche e di utilità sociale, della non lucratività soggettiva e dell’impatto sociale, così come delineato dall’art. 6, comma 1, lettera a) del Ddl in discussione.