La riforma fiscale dei fondi comuni di investimento è finalmente realtà. L’operatività piena di queste nuove regole si avrà a breve, più precisamente il prossimo 1° luglio, quando i prodotti finanziari del nostro diritto beneficeranno di un trattamento tributo simile a quello che si può riscontrare all’interno della Comunità Europea: la conferma è giunta da Assogestioni, la quale ha voluto sottolineare come la proficua collaborazione con l’Agenzia delle Entrate abbia prodotto questo importante risultato. Di quali novità si tratta esattamente? Il preambolo di questa innovazione era stato rappresentato dal recente Decreto Milleproroghe, approvato in Senato lo scorso 16 febbraio; da quel momento in poi si è pensato a questa sorta di rivoluzione degli investimenti.
In pratica, si è provveduto ad allineare e rendere conformi i nostri fondi con quelli che sono presenti all’interno dell’Unione Europea, in particolare quando si tratta di applicare la disciplina fiscale ai redditi che sono maturati e in capo ai partecipanti quando invece si procede al disinvestimento. In particolare, l’equiparazione riguarda da vicino i fondi lussemburghesi storici. I vantaggi sono di tutta evidenza: anzitutto, si evita qualsiasi tipo di distorsione per quel che concerne il cosiddetto “passaporto europeo”, documento che è stato introdotto da almeno due anni e la cui direttiva va recepita appunto entro il prossimo 1° luglio. Tale passaporto può essere considerato una innovazione fondamentale, visto che consente alle sgr (le società di gestione del risparmio) di gestire i fondi comuni armonizzati senza la costituzione di altre società, eliminando quindi dei passaggi inutili.
I fondi non armonizzati, invece, verranno sottoposti a una aliquota fiscale pari al 12,50%. In aggiunta, questa stessa imposizione tributaria viene posta in essere mediante il metodo della cassa, senza subire l’onere delle consuete ritenute alla fonte o di altre imposte di tipo sostitutivo. Infine, c’è da precisare che i risultati negativi di gestione potranno essere sfruttati per compensare i redditi conseguiti dai partecipanti ai fondi stessi.
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