Se n’è discusso tanto in questi giorni e ancora se ne parlerà, ma finora sembra che i Grandi 8 non siano ancora giunti a una conclusione. Tra i membri non c’è ancora alcun accordo a proposito di una tassa comune sulle banche, lo rivela la delegazione del Canada, che ha la presidenza di turno del G8, tuttavia sembra che almeno un punto sia chiaro: ogni Paese è libero di imporre in autonomia eventuali nuove tasse sul suo sistema creditizio. La proposta di una tassa mirava a far contribuire le banche stesse ai costi derivanti dai rischi creati sull’economia globale ed era appoggiata soprattutto da Francia, Germania e Gran Bretagna.
Considerando che le banche hanno avuto un ruolo fondamentale nel generare la crisi economica in atto, crediamo sia giusto introdurre un prelievo coatto nei loro confronti da parti dei paesi dell’UE – commenta il Presidente Codacons, Carlo Rienzi – Prelievo che deve essere di entità non indifferente, e rapportato specie in Italia ai loro guadagni stratosferici. Al tempo stesso però l’Unione Europea deve vigilare con la massima severità perchè il costo di tale tassa non venga scaricato dagli istituti di credito sugli utenti. Ipotesi che, conoscendo le banche italiane, è più che probabile.
In realtà uno dei Paesi più contrari alla tassa comune é il Canada. Allo stesso modo non é ben accetta da Brasile, India e Australia, economie in cui le banche non hanno richiesto interventi pubblici, e non hanno contribuito a creare cause della crisi economica.
I Paesi che non hanno dovuto utilizzare le risorse dei contribuenti o in cui le banche non sono finite in dissesto – sostengono i portavoce dei governi contrari -, non hanno intenzione di creare una nuova tassa. Ma capiamo perfettamente che i Paesi in cui si sono dovuti usare fondi pubblici (sul sistema bancario) o in cui le banche sono fallite, vogliano approntare questa tassa. Il G20 può giocare un ruolo creando un quadro in questo ambito, ma alla fine le decisioni dovranno esser prese a livello nazionale.
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