Giacché mi fa male, non fumerò mai più, ma prima voglio farlo per l’ultima volta: Italo Svevo descrive in questo modo il difficile tentativo di Zeno Cosini di tenersi lontano dalle sigarette. Se lo stesso Zeno si fosse trovato a vivere oggi in Germania o in Svizzera avrebbe sicuramente avuto un motivo in più per smettere, visto che i due stati hanno mostrato una comunione di intenti per quel che concerne la vendita dei tabacchi. Da poco più di un mese ormai, in territorio elvetico è stata aumentata l’aliquota dell’imposta relativa a questo monopolio, tanto che già dal primo giorno del 2011 ogni pacchetto di sigarette verrà a costare venti centesimi in più rispetto al prezzo attuale. La Confederazione svizzera confida molto in questo inasprimento tributario, una soluzione che è stata adottata per far confluire nelle casse nazionali almeno cinquanta milioni di franchi ogni anno.
Le ragioni per un simile aumento sono comunque diverse. Anzitutto, le autorità fiscali vogliono vigilare in maniera costante i prezzi delle sigarette praticati nelle nazioni vicine, tenendo sotto controllo il contrabbando e il consumo interno. L’obiettivo è quello di agevolare lo sgravio di bilancio del paese rossocrociato. Ma vi sono anche motivi sanitari in questo senso; l’Associazione elvetica per la prevenzione del tabagismo ha appoggiato con entusiasmo questa iniziativa, dopo aver lamentato negli anni passati prezzi troppo bassi e consumi che stentavano a diminuire.
Lo stesso discorso può essere fatto anche per la Germania: la nazione teutonica ha seguito l’esempio svizzero, incrementando il prezzo di ogni pacchetto di circa 8-14 centesimi, un provvedimento che rimarrà valido almeno fino al 2015. In questo caso, però, la scelta è stata dettata dalle contestazioni al governo in relazione alla cosiddetta tassa ecologica; il basso gettito generato da quest’ultimo tributo dovrà ora essere bilanciato dai nuovi introiti, ma si punta con convinzione agli sgravi fiscali che riguarderanno i mesi a venire.