In molti si aspettavano per l’anno 2011 un’ulteriore innalzamento delle aliquote contributive, da parte degli iscritti alla Gestione Separata. Una recente circolare dell’Inps ha chiarito le idee, spiegando che le aliquote, per il 2011, sono state congelate alle percentuali valide nell’anno fiscale appena archiviato. La Gestione Separata è un fondo pensionistico finanziato con i contributi previdenziali obbligatori dei lavoratori assicurati, nata negli anni novanta, dopo la riforma del sistema pensionistico, anche nota come riforma Dini. La gestione separata ha assicurato la tutela previdenziale a categorie di lavoratori fino ad allora escluse, come per esempio i lavoratori con contratto a progetto.
Una circolare Inps, nello specifico la numero 30 del 9 febbraio 2011, ha generato l’equivoco a causa della “sovrapposizione” di alcune normative. Nel comma 10 dell’articolo 1 della legge n. 247 del 24 dicembre 2007, era stato previsto un aumento pari a 0,09 punti percentuale dell’aliquota per gli iscritti alla Gestione Separata, a partire da questo nuovo anno. Da qui si è pensato quindi a una riduzione dello stipendio netto, ma, la Legge di Stabilità ha abrogato il comma 10 e, rispetto alle aliquote in vigore nel 2010, non è cambiato nulla.
In pratica, per l’anno 2011, gli iscritti alla Gestione Separata che hanno un reddito complessivo che non supera i 93.622,00 euro, devono pagare all’Inps contributi pari al 26,72 per cento della retribuzione (se tali lavoratori non sono assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie). I pensionati o coloro che hanno un’altra forma di tutela pensionistica obbligatoria invece, dovranno versare un’aliquota pari al 17 per cento. Gli iscritti alla gestione separata nel 2009 sono scesi sotto quota 1,5 milioni, ai livelli del 2001. Nel pieno della crisi economica, nel 2009, gli iscritti alla gestione separata hanno perso 150mila contribuenti, il 9,2% in meno rispetto al 2008.
La crisi ha bloccato le assunzioni – ha sottolineato il giuslavorista Michel Martone – per cui tante collaborazioni non si sono trasformate in contratti a tempo indeterminato e non sono nemmeno state rinnovate. Le aziende impegnate a sfoltire però hanno deciso di tenere i migliori, con i compensi più alti rispetto alla media, mentre gli altri sono andati a rimpolpare le fila dei disoccupati o hanno scelto la strada obbligata del lavoro autonomo.