Il Ministero del Tesoro ha sottolineato che sono state avviate delle verifiche su Iva e redditi non dichiarati da Google Italia.
La Guardia di Finanza ha avviato una verifica fiscale finalizzata al riscontro del corretto adempimento degli obblighi fiscali in Italia, dalla quale risultano elementi positivi di reddito non dichiarati per un importo di oltre 240 milioni di euro“, nonché una Iva “relativa e dovuta per un importo pari ad oltre 96 milioni di euro”.
Un debito che potrebbe aumentare poiché le Fiamme Gialle hanno avviato nuovi controlli su Google e profit shifting per il quinquennio successivo, dal 2007 al 2011, dai quali risulta che Google ha fatturato 1,7 miliardi di euro in Italia, che corrispondono ad altri 600 milioni di euro non versati.
Google Italia ha dichiarato solo le provvigioni percepite a fronte delle prestazioni rese prima alla Google inc. e poi la Google Ireland, e non invece l’intero volume commerciale sviluppato. Ma BigG è in buona compagnia: anche Apple, Amazon, Facebook, Starbucks, Microsoft e Oracle, grazie ad escamotage come il “sandwich olandese” e il “raddoppio irlandese”, riescono ad eludere le imposte europee spostando gli utili ad holding con base in paradisi fiscali.
Sono arrivate però delle critiche sotto il profilo delle iniziative che il governo deve prendere. Ad esempio, secondo Stefano Graziano, deputato del PD: “Google deve pagare le tasse in Italia, il momento di crisi economica così profonda impone più forza e determinazione. Diversamente si rischia che aziende italiane siano nettamente svantaggiate rispetto a chi ha sede in paesi nei quali la fiscalità offre maggiori vantaggi. E’ semplicemente una questione di giustizia sociale che non può essere trascurata”.
La risposta di Google non si è fatta però attendere: “Rispettiamo le leggi fiscali in tutti i Paesi in cui operiamo e siamo fiduciosi di rispettare anche la legge italiana”, ha dichiarato un portavoce di Google.