Il motore di ricerca Google ha fatto registrare ben 12.5 miliardi di euro di ricavi nel 2012, pagando però solo 8 milioni di tasse in Europa.
Un’azienda che entra nell’UE può stabilire la sua sede in un Paese qualsiasi, potendo quindi scegliere quello con l’agevolazione fiscale migliore. E Google ha scelto, e non è l’unico, l’Irlanda, con una tassazione al 12.5 per cento.
E dopo Francia e Gran Bretagna, anche l’Italia avanza le sue pretese: Google infatti non paga Ires, Irap Iva, anche se non viola però nessuna legge, utilizzando però il metodo double dip per eludere le tasse. Stefano Graziano, deputato del PD ha chiesto al ministro Vittorio Grilli di prendere l´iniziativa contro le multinazionali del commercio on-line seguendo l’esempio intrapreso contro Ryanair, obbligata a pagare le imposte nel paese in cui opera e non nel paese di provenienza.
Le lamentele dei singoli Stati stanno trovando ascolto a Bruxelles dove sono allo studio provvedimenti che permettano di mettere rimedio alle falle del sistema fiscale europeo che permette alle società di scegliere in quale dei 27 Stati membri stabilire la propria residenza fiscale.
Oltre al caso già citato con Ryanair, che assumeva dipendenti italiani con regimi fiscali irlandesi evitando di essere soggetti alla pressione fiscale italiana, nell’occhio del ciclone sono finite anche Amazon e Apple.
Google è stata citata come esempio da David Bradbury, assistente del ministro del Tesoro australiano per spiegare come funziona il meccanismo, che ricordiamo ancora una volta, è assolutamente legale.
Gli inserzionisti firmano un contratto con una filiale del gruppo situata in una nazione a fiscalità privilegiata, proprio come l’Irlanda e in questo modo la fonte del reddito e i diritti di imposizione fiscale non rimangono in Australia, ma si spostano in Irlanda. Ma i singoli Stati vogliono portare avanti le proprie ragioni. La Germania per esempio pensa a una tassazione studiata appositamente per i colossi online, mentre la Francia si è già mossa e avrebbe domandato a Google un contributo di 1 miliardo di euro per i passati quattro anni.
Oltre alla disparità evidente con alcuni paradisi fiscali come l’Irlanda, l’Italia non riesce ad attirare a livello economico nuovi investitori soprattutto a causa della pressione fiscale tra le più alte al mondo.
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