La Cassazione si è occupata di materie fiscali circa due mesi fa, ma la pubblicazione della sentenza in questione ci viene resa noto solo dopo questo lungo periodo di tempo: il riferimento va, infatti, a una pronuncia dello scorso 6 luglio, quando i giudici di Piazza Cavour sono dovuti intervenire in relazione all’Imposta Comunale sugli Immobili (Ici). Nel dettaglio, è stato riconosciuto di fatto che il versamento di questo tributo deve essere realizzato sempre da quel soggetto che svolge il ruolo di comproprietario dell’edificio. Più precisamente, la Suprema Corte ha dovuto chiarire la casistica in base alla quale l’immobile stesso va assegnato in maniera completa al familiare del contribuente, qualora si tratti di una vera e propria separazione. Tutto è nato da un edificio che, per l’appunto, era di proprietà di due fratelli, ma che poi era stato assegnato alla cognata del contribuente coinvolto dalla separazione. È stato proprio quest’ultimo a ricorrere contro le imposizioni della nostra amministrazione finanziaria, ritenendo inopportuno e ingiustificato l’avviso di accertamento fiscale relativo alla propria comproprietà.
Il soggetto in questione, inoltre, aveva motivato il suo ricorso ricordando che la sua situazione poteva essere messa sullo stesso piano di quella di un nudo proprietario: di conseguenza, l’Ici sarebbe diventata una priorità della cognata, la quale beneficiava del godimento del bene stesso. La Cassazione, come già precisato in precedenza, non l’ha pensata allo stesso modo; nello specifico, il coniuge che viene considerato come “affidatario” (quindi la famosa cognata di cui stiamo parlando) non deve versare alcuna somma a titolo di imposta, visto che non ci troviamo di fronte a un diritto reale, ma a un qualcosa di atipico per quel che concerne il godimento.
L’affidatario, inoltre, non è nemmeno un soggetto passivo di imposta, come emerge chiaramente dalla lettura del Decreto 504 del 1992 (“Riordino della finanza degli enti territoriali”), secondo cui manca qualsiasi tipo di titolarità.