Le ristrutturazioni immobiliari consentono spesso di ottenere dei benefici fiscali piuttosto importanti: qualche dubbio, però, può sorgere quando si ha a che fare con le detrazioni che sono consentite grazie al risparmio energetico. Il caso emblematico, infatti, può essere quello di un immobile di tipo rurale che non è stato accatastato prima di essere ristrutturato, con un solo camino a svolgere la funzione di riscaldamento dell’edificio.
Come ci si regola in tal senso nell’ipotesi in cui si ha intenzione di installare un dispositivo diverso, vale a dire una caldaia a condensazione? Anzitutto, bisogna capire quale è la definizione più giusta quando si parla di impianto di riscaldamento, in modo da capire quello idoneo a far scattare le agevolazioni. Le detrazioni vengono messe a disposizione nel caso in cui l’edificio è realmente esistente e può vantare un impianto di riscaldamento pienamente in funzione. L’aggettivo che è appena stato usato per l’edificio può essere rinvenuto nel Decreto legislativo 192 del 2005 (“Attuazione della Direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell’edilizia”), il cui secondo articolo è dedicato proprio alle definizioni più importanti del caso.
L’esistenza può essere provata attraverso l’iscrizione dell’immobile al catasto, oppure, in alternativa, mediante la richiesta di accatastamento (qualora l’Ici-Imu sia richiesta, occorre versarla ovviamente). L’impianto di riscaldamento in questione, al contrario, deve essere un impianto di tipo tecnologico e il cui fine è quello di climatizzare sia nella stagione estiva che in quella invernale; in aggiunta, non è importante che vi sia o meno la produzione di acqua calda per usi collegati all’igiene o alla salute, ma sono comunque ricompresi i sistemi di produzione e distribuzione del calore e gli organi utili per la regolazione e il controllo dello stesso. Non sono considerati alla stregua di impianti termici, infine, apparecchi di largo uso comune, come ad esempio le stufe, i caminetti e altri strumenti a energia radiante.
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