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Le imprese Ict chiedono la modifica della tassa sull’innovazione

 Il settore Ict è in fermento ed è pienamente unito contro il decreto che ha rivisto i compensi relativi alla copia privata in Italia: una legge, questa, che viene ritenuta troppo penalizzante nei confronti dell’innovazione e quindi da modificare. In particolare, il presidente di Confindustria Anie (l’associazione che riunisce le imprese elettrotecniche ed elettroniche), Guidalberto Guidi, quello di Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici, Stefano Pileri, quello di Assinform, Paolo Angelucci e quello di Assotelecomunicazioni-Asstel, Stefano Parisi, hanno accolto con molta sorpresa il provvedimento in questione; la richiesta, in questo caso, rivolta al Ministero dei Beni Culturali, è quella di cambiare il decreto, il quale andrebbe a ignorare completamente le raccomandazioni e le motivazioni avanzate dall’industria del settore.

 


La nota congiunta delle associazioni sopra descritte mette in luce altre questioni da risolvere:

Il testo stravolge il regime vigente relativo alle copie private di film, musica e altri contenuti digitali, le quali potranno essere fatte dai cittadini, andando a introdurre una tassa il cui importo cresce in proporzione alla capacità di memoria degli apparecchi elettronici.

Come è noto, questa capacità viene messa sul mercato dall’industria dell’high tech a prezzi sempre più contenuti, dunque il meccanismo della cosiddetta “tassa sull’innovazione”, fa crescere il tributo in ragione delle prestazioni offerte dall’apparecchio. Le associazioni hanno anche fatto notare che, in questo caso, sarebbero almeno tre i balzelli da pagare da parte del consumatore, vale a dire quello sui contenuti digitali che sono stati acquistati, quello sull’apparecchio e quello sul supporto digitale.

 

Infine, un ultimo accenno viene dedicato alla iniquità che, secondo le associazioni, sarebbe presente in questa situazione; in effetti, i telefoni cellulari, nell’ipotesi di un utilizzo volto a fruire di video e contenuti musicali, prevedono già che siano pagate delle apposite licenze da parte del consumatore, quindi si viene sostanzialmente a determinare una sorta di doppia imposizione, giudicata dalla stessa nota come “inaccettabile”.