La lotta che l’Irlanda ha posto in essere nei confronti delle pratiche fiscali nocive connesse ai fenomeni di evasione internazionale è davvero molto intensa; la strategia delle autorità del paese britannico è quella di prevenire tali fenomeni mediante l’utilizzo di strumenti normativi che siano in grado di svelare le pratiche fiscali in quei paesi che, a causa di un regime tributario particolarmente conveniente, sono i più “adatti” ad operazioni artificiose come quelle sopracitate. È indubbio che in questo momento la lotta ai paradisi fiscali sia giunta in una buona fase e continui ad attirare sempre più consensi. I mezzi usati finora si riferiscono soprattutto alla diplomazia e alla cooperazione internazionale. Gli ultimi trattati che l’Irlanda ha provveduto a firmare in questo senso consentiranno di ottenere maggiori informazioni, in particolare con riferimento alle indagini bancarie: il numero delle intese è ora giunto a otto, dopo la conclusione degli accordi con le Isole Cayman e Gibilterra (giugno 2009), Guernsey e Jersey (marzo 2009) e con le Isole di Man. La lotta riguarda anche i fenomeni di dividend washing e dividend stripping.
Sono ormai sette anni che l’Ocse ha predisposto degli specifici accordi, i cosiddetti Tiea, acronimo che sta per Tax Information Exchange Agreement, il cui scopo è quello di favorire la cooperazione internazionale e combattere l’evasione fiscale: ma tale lotta ha cominciato a intensificarsi davvero dopo il G20 di Londra (da allora sono stato stipulati ben 80 trattati). Molto importanti per l’Irlanda sono stati, inoltre, gli accordi con Anguilla e Isole Turks: la firma di queste intese, infatti, consente alla nazione nord europea e al suo Fisco di migliorare le indagini tributarie e di risalire gali effettivi proprietari delle società.
Gli accordi stipulati con le due piccole isole facenti parte delle Bahamas valgono in maniera singola, ma sono considerati tra i più importanti, come ha tenuto a precisare lo stesso governo irlandese.