La bozza che si riferisce al documento che va a terminare l’indagine conoscitiva Irpef delle Commissioni Bilancio della Camera e del Senato, che è stata portata avanti da parte dei presidenti Luciano D’Alfonso e Luigi Marattin, ha messo in evidenza alcuni aspetti particolarmente interessanti, sopratutto in merito alla nuova riforma Irpef che è in programma.
All’interno del testo della bozza si può notare come ci sia la volontà di ridisegnare la struttura dell’Irpef, restando saldi agli obiettivi generali di semplificazione che sono stati richiamati e che rappresentano un forte stimolo nei confronti della crescita. In modo particolare, dalla lettura del testo emerge come ci siano degli obiettivi ben precisi. In primis, si tratta della riduzione dell’aliquota media effettiva, con uno specifico riferimento rispetto a tutti quei contribuenti che si trovano nella fascia di reddito che è compresa tra 28 mila e 55 mila euro. Non solo, dal momento che un altro obiettivo per cui si sta “combattendo” è quello del cambiamento circa la dinamica delle aliquote marginali effettive, andando a rimuovere ogni tipo di discontinuità evidente e troppo intensa.
Per poter tenere fede a tali impegni e raggiungere effettivamente questo tipo di obiettivi che sono stati fissati, è chiaro che le Commissioni hanno deciso di puntare tutto su un intervento semplificatore piuttosto netto, che si basa su unix tra scaglioni, aliquote e detrazioni per ogni tipo di reddito, andando a comprendere pure l’assorbimento degli interventi che sono stati realizzati nel 2014 e l’anno scorso che avevano come oggetto il lavoro dipendente. Altrimenti, si potrebbe optare anche per un sistema ad aliquota continua, riferito però solo ed esclusivamente alle fasce di reddito medie, riprendendo quello che è stato ribattezzato il sistema “tedesco”.
Non solo, visto che all’interno del documento emerge l’intenzione di prevedere anche l’introduzione di una soglia minima che non verrà coinvolta dall’obbligo di dichiarazione per tutti quei contribuenti che non raggiungono effettivamente tale limite. È chiaro che questo minimo esentato dalla dichiarazione dovrebbe essere considerato, in realtà, come una sorta di maxi deduzione, che dovrebbe avere ad oggetto un po’ tutta la distribuzione dei redditi, andando ad adeguare in modo proporzionale il livello che caratterizza le aliquote. Non solo, visto che nel caso in cui le spese legate a un simile intervento dovessero non essere compatibili con gli equilibri di finanza pubblica, ecco che verrebbe introdotto solamente con l’intento di diminuire il carico di burocrazia che pesa attualmente sulle spalle dei contribuenti.