Con la fine del mese di gennaio, bisogna cominciare a fare i conti con le prime scadenze di quello di febbraio che comincerà domani: in particolare, sono rimasti undici giorni esatti a disposizione per rispettare il termine ultimo fissato dalla nostra amministrazione finanziaria per il versamento dell’imposta di bollo relativa agli assegni circolari. Volendo essere ancora più precisi, il pagamento tributario in questione si riferisce agli assegni che sono risultati in circolazione alla fine del quarto trimestre dello scorso anno, l’ultimo del 2012 (il periodo compreso tra i mesi di ottobre e dicembre).
I soggetti chiamati a rispettare tale adempimento sono le banche e tutti quegli istituti di credito che sono soliti emettere appunto questo titolo di credito. Le modalità sono note e presto spiegate. Anzitutto, è necessario sfruttare il modello F23. Tale documento può essere pagato presso le banche convenzionate, oppure, in alternativa, recandosi a una agenzia postale o ancora da un concessionario che è abilitato alla riscossione. C’è anche un codice tributo da inserire, vale a dire il 456T, la cui denominazione ufficiale è proprio quella di “Imposta di bollo-tassa sui contratti di Borsa”. Perché esiste una imposta simile nel nostro paese?
Quando una banca o un istituto di credito provvede a emettere un assegno circolare, quest’ultimo rappresenta un servizio che gli enti offrono a chi ne fa espressa richiesta, senza compensi per quel che riguarda i costi amministrativi e gli oneri fiscali che sono collegati. Questa stessa emissione, inoltre, permette agli istituti di ottenere due tipi di vantaggi. Anzitutto, essi possono godere e beneficiare di quei fondi che sono versati dal soggetto richiedente per quel che riguarda il periodo compreso tra la data di emissione e quella in cui dovrà essere pagato il titolo, senza alcuna corresponsione di interessi. In aggiunta, le banche possono aumentare in modo concreto i loro clienti, con effetti di tipo promozionale che dipendono dall’offerta di assegni.