Sono rimaste due settimane a disposizione delle imprese e degli enti equiparati che sono obbligati a versare l’imposta sostitutiva sulle plusvalenze: volendo essere più precisi, si tratta di quei soggetti che non sono soggetti all’applicazione degli studi di settore e che sono tenuti a pagare una maggiorazione pari a 0,40 punti percentuali, tanto da far salire l’imposta sostitutiva a cui si sta facendo riferimento fino a un totale del 6%.
Tra l’altro, l’importo massimo che è consentito in questo caso è di trecento milioni di euro e si riferisce a quelle plusvalenze che scaturiscono dalla valutazione ai fini di bilancio di esercizio. Entrando maggiormente nel dettaglio, c’è da dire che si sta parlando delle disponibilità che si hanno in metalli preziosi e che non sono sfruttati per fini industriali. Il pagamento in questione va perfezionato attraverso il consueto modello F24 in formato telematico, ricordando di indicare un codice tributo ben preciso: il codice 1830, infatti, identifica l’imposta sostitutiva e il suo saldo. Come si è intuito piuttosto facilmente, la data di scadenza è quella del prossimo 18 luglio.
L’imposta sostitutiva sulle plusvalenze (non solo in merito ai metalli preziosi, ma anche quote di partecipazioni azionarie, obbligazioni convertibili e diritti di opzione) è stata introdotta una ventina d’anni fa con il Decreto legge 27 del 1991: si tratta delle “Disposizioni relative all’assoggettamento di talune plusvalenze ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi”, la quale prevedeva una aliquota di venticinque punti percentuali nell’ipotesi del metodo analitico e del 15% nel caso di applicazione con il sistema forfettario. Il regime in questione è stato, poi, a sua volta modificato sei anni dopo, grazie all’introduzione del Decreto 461 del 1997 (“Riordino della disciplina tributaria dei redditi di capitale e dei redditi diversi”), il cui secondo titolo è proprio dedicato in maniera approfondita e precisa alla disciplina dell’imposta sostitutiva sulle plusvalenze e sugli altri redditi.