Il Pakistan sta facendo parlare di sé a livello internazionale per le disastrose condizioni climatiche che ne stanno devastando il territorio, ma questa drammatica vicenda sta ponendo in essere anche degli importanti risvolti dal punto di vista fiscale: in effetti, le entrate tributarie si stanno mobilitando in massa per essere opportunamente reindirizzate sul capitolo delle assistenze eccezionali. Ma i conti non sono così semplici come previsto. Il governo di Islamabad deve fare i conti con il consueto fenomeno dell’evasione fiscale, la quale dovrebbe sottrarre all’Erario circa venti miliardi di dollari, ma a questa somma occorre anche aggiungere i mancati obblighi del fisco per l’emergenza attualmente in corso, tanto che già si parla di una perdita consistente di ben quindici punti percentuali di entrate fiscali.
La nazione asiatica sta pertanto provvedendo a richiedere degli ulteriori fondi e aiuti agli Stati Uniti, il quale svolge di solito il ruolo di prestatore straordinario per quel che riguarda il Fondo Monetario Internazionale. La risposta dunque deve essere netta e decisa. Ma da Washington non sono arrivate le parole di conforto che ci si poteva attendere: gli aiuti richiesti sono considerati eccessivi, mentre le entrate tributarie addirittura poco consistenti. Negli ultimi otto anni, il governo americano ha stanziato oltre 18 miliardi di dollari, al fine di agevolare lo sviluppo del welfare e delle infrastrutture pakistane, ma a questo punto ci si è accorti che il vero problema del paese consiste nella debolezza del Fisco, visto che non appare attualmente sostenibile se non con l’introduzione di riforme più che radicali.
L’esempio più significativo in tal senso è fornito dall’Imposta sul Valore Aggiunto; i commercianti sono un milione e mezzo, ma le aliquote sono troppo differenziate e squilibrate, oltre che complesse. Le ultime stime mettono in luce come siano soltanto 160.000 i contribuenti che provvedono a questo versamento, quindi si comprende l’urgenza di novità nel settore.