I piccoli contribuenti possono finalmente esultare, se non altro per il trattamento che verrà loro riservato dalle Direzioni Regionali dell’Agenzia delle Entrate. La differenza tra piccoli e grandi contribuenti dipende, in particolare, dal volume d’affari o dai ricavi che si riescono a conseguire, con le imprese di maggiori dimensioni che beneficiano di un parametro pari a cento milioni di euro da qualche mese a questa parte. Ebbene, le Direzioni Regionali della nostra amministrazione finanziaria non possono porre in essere delle verifiche tributarie nei confronti dei soggetti medio-piccoli: ciò vuol dire che tali organizzazioni non sono affatto autorizzate a emettere degli atti di tipo consequenziale nei loro riguardi, visto che tale compito spetta soltanto verso i contribuenti maggiori. Si tratta, in pratica, dell’applicazione concreta delle nuove normative sul controllo fiscale.
Le conseguenze sono facilmente intuibili: in effetti, l’avviso di accertamento eventualmente promosso sarebbe nullo e non valido, in particolare quando esso sia il risultato finale del processo verbale di constatazione, il quale viene abitualmente redatto dai verificatori delle direzioni all’atto delle verifica impositiva di piccole aziende o professionisti. I riferimenti normativi in tal caso si trovano nel Decreto Legge 185 del 2008 (“Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa”, meglio noto come decreto “anticrisi”), il cui articolo 27 prevede che i contribuenti con dei compensi o dei ricavi almeno pari a cento milioni di euro le attribuzioni della legge che ha introdotto l’Imposta sul Valore Aggiunto.
Quando si parla di verifica in ambito fiscale, si vuole intendere l’operazione che è volta ad acquisire e reperire tutti quegli elementi che possono risultare utili per accertare i redditi, la stessa Iva e le imposte di tipo indiretto; inoltre, ci si riferisce anche al contrasto delle violazioni che avviene attraverso delle ispezioni di documenti e rilevamenti a vario titolo. Infine, bisogna ricordare che la posizione prevalente della Corte di Cassazione è quella che prevede l’annullamento degli atti viziati.