In attesa di conoscere le decisioni dell’Esecutivo in materia di riduzione del cuneo fiscale (provvedimento da inserire nel testo definitivo della legge stabilità) i dati Ocse posizionano l’Italia ai vertici per quanto riguarda la pressione fiscale. Nulla di nuovo naturalmente, ma adesso l’organismo europeo nello stilare il rapporto 2011 denominato “taxing wages” ha posizionato l’Italia al 6° posto nell’ambito dei paesi europei con la maggiore pressione fiscale. L’Ocse mette al vertice dei paesi con la maggiore pressione fiscale il Belgio (55,5 % di cuneo fiscale) e poi a seguire Germania, Francia, Ungheria, Austria ed Italia (con un pressione fiscale pari al 47,6 %). Tuttavia, come sottolineato dai vertici di Confindustria durante l’audizione tenuta presso la commissione bilancio di Camera e Senato, il dato risulta parziale visto che al dato calcolato dall’Ocse occorre comunque sommare le spese che le aziende sostengono in materia di Irap, TFR e Inail. Con i dati così rideterminati la pressione fiscale italiana sale quindi al 53,5 % per cento posizionandosi al secondo posto dietro al solo Belgio e lontanissimo dalla media europea Ocse ( pari al 41,5 %).
Il cuneo fiscale è sopportato in maniera equa da lavoratori e imprese: il 23,3 per cento della pressione è infatti riversato sulle spalle dei lavoratori (il 16,1 % per tasse sul reddito e il 7,2 % sui contributi) mentre il 24,3 per cento è versato dalle società a titolo di contributi previdenziali.
Va decisamente peggio al lavoratore con carichi famigliari. Il rapporto Ocse i merito alla classifica dei soggetti più tartassati infatti pone al sesto posto il lavoratore italiano single mentre al terzo posto l’italiano con figli, a causa di un meccanismo di detrazioni e deduzioni più vantaggioso nel resto dell’Europa che nel nostro paese. Per contrastare l’alta pressione fiscale in molti auspicano interventi sul modello della Germania, che nonostante una crescita costante della produttività ha anche tagliato, nell’arco di 10 anni, tre punti percentuali di cuneo fiscale ( passando dal 52,9 al 49,8 per cento).